Amministrative a Roma, dilemma Bertolaso per Berlusconi. Lo conferma, ma Fi ribolle

20/04/2016 di Alberto Sofia

Nelle mani del Cav, con Forza Italia in subbuglio alle sue spalle. Toccherà a Silvio Berlusconi l’ultima parola sul destino di Guido Bertolaso come candidato azzurro in Campidoglio alle Elezioni Comunali 2016, da settimane in equilibrio precario, affossato da ex alleati e sondaggi. Perché, al di là di quell’«appoggio incondizionato» del leader rivendicato da Bertolaso al termine di un vertice di Palazzo Grazioli, l’ostacolo maggiore restano le fibrillazioni interne a FI. E lo spettro di nuove scissioni evocate dagli ultimi fedelissimi del Cav, dopo quel voto del 5 giugno che rischia di certificare la fine di quel che resta del partito. Non è un caso che il Cav, di fronte al rischio del “liberi tutti“, si ritrovi costretto a mediare, al ritorno nella Capitale dopo due settimane di “latitanza“. Un vertice con capigruppo e big del partito è stato già organizzato martedì in notturna, dopo il voto sulle mozioni di sfiducia al governo respinte in Senato. Di fatto, un antipasto di quel tavolo nazionale con gli alleati-nemici, Lega e Fratelli d’Italia-An, previsto per mercoledì 20. Ultimo tentativo di ricomporre un’alleanza prima rimasta sulla carta, poi definitivamente saltata, all’ombra del Campidoglio.

GUIDO BERTOLASO, IL CAV LO CONFERMA. ALMENO PER ORA

Di fatto, però, l’ultimo verdetto sulle Amministrative di Roma non è ancora stato preso. Né bastano ancora le rassicurazioni ripetute dal Cav a Bertolaso: «Guido, per me tu resti il candidato migliore a guidare Roma…», è la ricostruzione ai cronisti dello stesso ex sottosegretario. Ma se Berlusconi si è speso in prima persona per Bertolaso ed è già pronto pure a “sacrificarsi” in campagna elettorale a fianco dell’ex capo della Protezione civile, al contrario Fi ribolle. E continua a spingere per un cambio di cavallo in corsa.

Rifletterà, l’ex premier.  Ma se c’è già una certezza, è che il tempo stia ormai per scadere. Perché il ritardo è palese, vanno completate e consegnate le liste. Ma come non bastassero dentro Fi i malumori per la mozione contro il governo, bollata come una nuova occasione concessa a Renzi per mostrare il suo strapotere nel Palazzo, dentro il partito si continua pure a contestare la strategia politica in vista del passaggio delicato delle Amministrative: «Siamo oltre il ridicolo. Il dossier Roma va chiuso, sta diventando una farsa». E una decisione sarà presa al massimo giovedì, nel giorno del Natale di Roma, il 21 aprile. Se non ci saranno sorprese e se la linea del Cav sarà confermata, potrebbe essere quella l’occasione giusta per la prima iniziativa pubblica della coppia Berlusconi-Bertolaso. Lo stesso giorno in cui Meloni ha in programma il lancio ufficiale al Pincio della sua campagna elettorale. Prima tappa di un derby che si trascinerà fino alle urne.

GUIDO BERTOLASO E IL NODO DELLA POSSIBILE EXIT STRATEGY

Parlamentari e amministratori, però, restano in fermento. Ma è chiaro che il problema, anche se Berlusconi si convincesse a mollare Bertolaso, resta la possibile exit strategy. Perché dentro Forza Italia non c’è alcuna unità, tra chi vorrebbe sacrificare Bertolaso per convergere sulla stessa Meloni, provando a rievocare quella “foto di Bologna” e quel fronte Fi-Fdi-Lega ormai archiviato. O chi, come il partito romano, da Tajani a Gasparri, vorrebbe invece virare su Alfio Marchini, prima sedotto e poi abbandonato dal Cav. Un dilemma di non poco conto, con il partito diviso in tre. La scelta, di certo, non è tra le più semplici. Perché il Cav su Bertolaso ha messo la faccia: «Scaricarlo per Meloni avrebbe il significato di una resa nei confronti di Salvini. A quel punto il centrodestra futuro passerebbe nelle sue mani…», contesta un senatore azzurro coperto dall’anonimato.

Allo stesso modo, inseguire Meloni significherebbe pure affossare qualsiasi progetto moderato per il centrodestra. Tradotto, abbandonare il modello Parisi tentato alle Comunali di Milano per un orizzonte in salsa lepenista. Ben diverso significato avrebbe invece una convergenza con Marchini. Di fatto, cancellerebbe qualsiasi prospettiva di alleanza futura con il Carroccio e Fdi. Una prospettiva criticata soprattutto dagli eletti azzurri del Nord che temono di venire “rottamati”, sia da amministratori e governatori che con Fdi e Lega governano già. Come Giovanni Toti, non a caso tra i più filo-Meloni. Pochi altri, invece, sperano che nulla cambi, a questo punto: «Ogni cambio in corsa avrebbe effetti disastrosi. Marchini lo abbiamo logorato, dello strappo della Meloni abbiamo detto il peggio…». In pratica, in casa azzurra è il solito sfogatoio. Tutti contro tutti.

GUIDO BERTOLASO E IL NODO SONDAGGI

Eppure Guido Bertolaso per ora resta in campo, nonostante sondaggi «da incubo», spiegano in casa azzurra. E anche se la sondaggista di fiducia del Cav, Alessandra Ghisleri, ha smentito l’indiscrezione del Corriere della Sera secondo cui l’ex sottosegretario raccoglierebbe soltanto il 6% (con Fi al 5% di lista), poco sembra cambiare «Raggiungere la doppia cifra sarà un’impresa…», si mormora tra i corridoi di Palazzo Madama. Tradotto, se si esclude il Cav, nel partito non c’è alcuna fiducia su Bertolaso. Considerato, nel confronto con Meloni e Marchini, il meno quotato. L’ultima parola spetterà allo stesso Berlusconi. Ma il timore reale dentro Fi è che la partita romana finisca per accelerare l’Opa del Carroccio. E trascinare tutto il partito verso il baratro.

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