Referendum Trivelle, neanche il Movimento Cinque Stelle supera il quorum

19/04/2016 di Redazione

Come hanno votato gli italiani al referendum delle trivelle? La consultazione, come è noto, ha fallito l’obiettivo del quorum: ed è interessante, a due giorni dal voto, indagare il dato disaggregato dell’elettorato. Quali segmenti della popolazione hanno dimostrato più interesse per il tema proposto dai referendari? In quali elettorati il referendum ha dimostrato di essere più vicino alla riuscita? I dati pubblicati dai quotidiani in edicola oggi in alcuni casi non sorprendono, in altri restituiscono uno spaccato abbastanza interessante della società italiana ai tempi del governo di Matteo Renzi.

REFERENDUM TRIVELLE, NEANCHE IL MOVIMENTO CINQUE STELLE SUPERA IL QUORUM

Questa l’analisi del voto nei calcoli disaggregati effettuati sul Corriere della Sera dalla Ipsos, riportati da Simone Bressan su Facebook.

referendum trivelle astensione partitiCome si nota, nemmeno fra gli elettori del Movimento Cinque Stelle – che, comunque, si avvicinano moltissimo alla soglia del 51% – il quorum è stato superato. Chiaramente fra gli oppositori al governo di Matteo Renzi la soglia di partecipazione al referendum, come spiega Luca Comodo, è stata più alta.

 Sono stati gli elettori penta-stellati più degli altri a partecipare al voto. In questo gruppo di elettori, poco meno della metà (47%) si è presentato ai seggi. E lecito pensare che tra questi elettori si siano sommate due motivazioni: quella politica (dare un segnale forte a Renzi) e quella ambientalista. Tra gli elettori grillini infatti la sensibilità ambientale è più elevata della media e non a caso è stato uno dei collanti iniziali del Movimento. A distanza arrivano gli elettori di sinistra. In questo caso la partecipazione, pur consistente, è stata più bassa rispetto ai pentastellati: il 36% si è presentato ai seggi. Negli elettori di sinistra albergano motivazioni sostanzialmente simili a quelle degli elettori di Grillo: l’insofferenza per Renzi e l’orientamento ambientalista. Seguono gli elettori del centrodestra, Forza Italia e Lega. Gli elettori berlusconiani fanno registrare un’affluenza vicina alla media, il 30%. Non è illegittimo pensare che in questo caso la motivazione prevalente sia stata la voglia di mandare un segnale critico al presidente del Consiglio. Si tratta infatti di un segmento elettorale dove la sensibilità ambientalista è meno consistente della media. Lo stesso si può dire per gli elettori leghi-sti, tra cui la partecipazione si attesta al 29%. Agli ultimissimi posti gli altri. 

 

Dunque, come era chiaro, nel referendum la battaglia ambientale si è mescolata al giudizio del presidente del Consiglio; interessante notare come l’area degli elettori astenuti, indecisi, la zona del non voto (cruciale per le elezioni politiche del 2018, a meno che non vengano anticipate) ricalchi, a spanne, il dato nazionale, dimostrandosi sensibile agli inviti al voto provenienti dal governo di Matteo Renzi.

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Ilvo Diamanti nelle sue mappe su Repubblica analizza invece le zone del voto, e dell’astensione.

I livelli più elevati di affluenza si osservano, infatti, nelle aree maggiormente interessate al problema. Cioè, alle trivellazioni. In particolare, la Basilicata ( l’unica dove sia stato superato il quorum del 50% degli elettori aventi diritto ), quindi, la Puglia e il Veneto. Fra le regioni che hanno promosso il referendum, emergono livelli di partecipazione molto elevati anche in Molise e nelle Marche. Tra le altre: in Abruzzo ed Emilia Romagna. In altri termini: lungo la fascia adriatica. Tuttavia, se ragioniamo sull’astensione “aggiuntiva” rispetto al referendum del 2011, che riguardava “l’ acqua pubblica”, si delinea una mappa diversa. Con una caratterizzazione politica più specifica. Anche il referendum del 2011 aveva una connotazione “ambientalista”. Per questo è significativo che il peso dell’astensione, nel referendum sulle trivelle, cresca, in misura particolare, nelle “zone rosse”. Ma soprattutto in Toscana. La Regione di Renzi. E ciò conferma come le “trivelle” e l’ambiente siano divenuti un argomento, in qualche misura, strumentale. Ricondotto progressivamente all’obiettivo prioritario di “trivellare Renzi”. A questo proposito, il verdetto della consultazione appare chiaro. Non solo perché alle urne si è recata una minoranza (benché rilevante): poco meno di un terzo degli elettori. Ma perché è difficile riassumere per intero la partecipazione al voto sotto le bandiere dell’anti-renzismo

 

Secondo Diamanti i dati dimostrano che orientare il referendum sull’asse renzismo-anzirenzismo sarebbe fuorviante e politicamente stupido.

E’ azzardato interpretare l’affluenza degli elettori come un indice di “sfiducia” nei confronti del governo e del premier. D’altra parte, tra coloro che, nei giorni scorsi, si erano detti certi di recarsi alle urne, il grado di “fiducia” nei confronti del governo risulta intorno al 30%. Dunque, meno, rispetto alla media degli italiani ( 39%). Ma non troppo. Per questo lascia perplessi la traduzione direttamente politica e “personale” che viene data al risultato del referendum. Non da una parte sola, peraltro. Perché Renzi e, in modo ancor più esplicito, i “renziani” hanno rovesciato, a proprio favore, questa impostazione. Con l’effetto, francamente paradossale, di trasformare l’astensione in consenso. Traducendo il dato della non-partecipazione in una misura del sostegno al governo e al premier. Ovviamente, questa impostazione rischia di produrre esiti singolari. Trasformando un cittadino, qualsiasi cittadino, interessato a fermare la trivellazione nella costa davanti alla sua città in un anti-renziano, tout-court. E un elettore, anche se ferocemente anti-governativo, ma impossibilitato a partecipare al voto, per motivi di forza maggiore, oppure semplicemente, dis-interessato al problema, in un partigiano di Renzi.

 

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