Valentina Tarallo: caccia al killer della ricercatrice torinese uccisa a Ginevra

13/04/2016 di Redazione

Valentina Tarallo aveva 29 anni ed era arrivata a Ginevra per dottorato in biotecnologia, in un laboratorio dove poteva sviluppare le sue ricerche tumorali. Ed ha trovato la morte lunedì notte proprio a Ginevra, uccisa a sprangate a causa di una rapina finita nel sangue.

VALENTINA TARALLO, LA RICERCATRICE ITALIANA UCCISA A GINEVRA

Il quotidiano elvetico 20 Minutes riporta la testimonianza di un uomo che lunedì notte ha trovato Valentina Tarallo riversa a terra in una pozza di sangue, non lontano dall’ospedale dove lavorava la giovane ricercatrice torinese. L’uomo, che abita in avenue de la Croisette, dove è avvenuta l’aggressione, ha riferito di aver sentito attorno a mezzanotte un urlo, e poi il rumore di ferro sull’asfalto. Si è affacciato alla finestra e ha visto la ragazza accasciata: «Accanto a lei – ha detto l’uomo – C’era una spranga di ferro lunga 60-70 centimetri, probabilmente l’arma con cui è stata colpita e ferita ridotta in fin di vita». È stato l’uomo chiamare i soccorsi: i tentativi di rianimazione sono proseguiti a lungo, ma Valentina Tarallo è morta in quella strada.

VALENTINA TARALLO, SI CERCA IL KILLER

Si cerca l’aggressore di Valentina Tarallo, che avrebbe tentato di rapinare la ragazza ma che, davanti alla sua difesa l’avrebbe aggredita e colpita con una spranga si di ferro. Gli inquirenti sono sulle tracce di un «giovane uomo, di colore, alto almeno un metro e novanta».

VALENTINA TARALLO, DA TORINO A GINEVRA

Intanto a La Loggia, il comune in provincia Torino di cui era originaria Valentina Tarallo, è il momento del cordoglio: i famigliari della ragazza sono chiusi nel proprio dolore e il professor Franco Merletti, direttore dell’unità di Epidemiologia dell’Università di Torino dove Valentina si era laureata la ricorda come «una giovane donna brillante e studiosa». Per questo Valentina era andata a Ginevra, per studiare e portare avanti le proprie ricerche. Scrivono Federica Cravero e Carlotta Rocci per La Repubblica, raccontando cosa aveva portato Valentina Tarallo nella città Svizzera:

Dopo la laurea in biotecnologie all’università di Torino, aveva pensato molto al luogo in cui sviluppare le sue ricerche sulle cellule tumorali. Aveva partecipato sia a un bando in Svizzera che a quello dell’ateneo umbro. E li aveva vinti entrambi, ma alla fine aveva scelto Ginevra. Perché era un ambiente stimolante e perché avrebbe perfezionato le lingue, sia l’inglese parlato in laboratorio che il francese parlato fuori. […]  Un cervello in fuga, dunque, ma per scelta. “Ogni volta che un nostro studente va all’estero siamo dispiaciuti, ma non è detto che poi non ritornino – commenta il direttore del laboratorio Franco Merletti – Non riesco ancora a credere a quello che è accaduto. Sarebbe stato bello che un’intelligenza come quella di Valentina tornasse un giorno nella nostra università, arricchita delle esperienze fatte fuori: era una ragazza che sapeva davvero fare gruppo, brava a lavorare in équipe, e in campo medico questa è una cosa molto importante “.

(Photocredit copertina: ANSA)

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