Terrorismo, Franco Gabrielli: «A Roma minaccia incombente»

Niente segnali specifici, ma la minaccia è «incombente». Lo dice Franco Gabrielli ripetendo posizioni già espresse in passato e che però tornano di attualità – e se possibile, acquistano peso ulteriore – dopo quanto accaduto a Bruxelles, l’attentato terroristico rivendicato dall’Isis all’aeroporto internazionale della capitale belga e in una centrale stazione della metropolitana. Anche Roma, anche la capitale d’Italia, è chiaramente una destinazione credibile ed evidente del terrorismo islamico.

TERRORISMO:  «A ROMA MINACCIA INCOMBENTE»

Il Messaggero riporta le parole di Franco Gabrielli.

«Terrorismo, anche a Roma la minaccia è incombente». Le parole del prefetto Franco Gabrielli arrivano alla vigilia di un evento che porterrà migliaia di persone domani nella zona del Colosseo con la Via Crucis e papa Francesco e pochi giorni dopo l’attacco di Bruxelles. Spiega il prefetto: «Dopo gli attentati di Bruxelles i timori di essere dentro una minaccia sono reali, segnali specifici non ce ne sono ma anche noi siamo un obiettivo di questo terrorismo islamista».

 

E la risposta, dice Gabrielli, non può essere semplicemente l’innalzamento “arbitrario” delle misure di sicurezza, non si può – spiega Gabrielli – militarizzare la città.

LEGGI ANCHE: Rischio terrorismo in Europa, la mappa

 «Non è realistico mettere un poliziotto o un carabiniere in ogni angolo di strada e per certi aspetti non è neanche funzionale a garantire la sicurezza. Questo tipo di terrorismo lo si combatte con la prevenzione perché quando i terroristi scendono in campo possiamo soltanto limitare i danni. La presenza delle forze dell’ordine e il controllo sul territorio sono importanti però sono una condizione necessaria ma non sufficiente»,

 

Né è plausibile scaricare sulla comunità islamica di Roma il peso delle responsabilità del terrorismo – anche se, continua Gabrielli, è chiaro che la comunità islamica di Roma deve lavorare concretamente per distanziarsi da chi semina morte.

«La comunità islamica, con la quale abbiamo continui rapporti, è doppiamente vittima di questo terrorismo islamista, perché anche i musulmani possono essere colpiti e perché in qualche modo, senza fare tanti giri di parole, il legame con la religione esiste. Chi professa una religione non deve avere niente a che fare con il terrorismo, non è il tempo di dire “né con lo Stato né con i terroristì”, è invece il momento di compiere scelte chiare nell’interesse dell’umanità, perché non si possono fare distinguo di fronte a questa barbarie».

Share this article