Johan Cruyff: i 10 comandamenti del profeta del gol

Johan Cruyff, il profeta del gol. Così lo chiamò Sandro Ciotti in un film documentario accurato, poetico, entusiasmante. E lo era, il bellissimo Johan. Era sexy, dentro e fuori dal campo. Donne, fumo (che gli è valso il cancro ai polmoni), libertà: la sua Olanda aveva nei suoi ritiri mogli, fidanzate, amanti, bionde (sigarette e groupies degli Orange), ma praticava il calcio totale lo stesso, contro tutte le regole che fino ad allora, e pure dopo, avevano infestato il mondo del pallone. Correvano più di tutti, correvano meglio e, visto che il calcio è un gioco, si divertivano da pazzi. Cruyff, però, rimarrà noto per le sue vittorie (quelle del grande Ajax) come per le sue sconfitte (un mondiale e un europeo in cui fu il miglior giocatore e la sua Olanda la squadra migliore, ma beffati entrambi da Germania e Cecoslovacchia). Ad Argentina 1978 non andò, tanta fu la delusione per le precedenti disfatte. Ma era già nella leggenda. Lo fu anche da allenatore: non vinse quanto meritò, ma il Barcellona di Guardiola (e quello di Luis Enrique) ancora gli devono parecchio.

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Proviamo a ricordarlo con sette regole d’oro che ha seguito come allenatore, calciatore e dirigente.

1. “La tecnica non è palleggiare mille volte consecutive. Con quello puoi essere il migliore in un circo. E’ passare la palla a un compagno con un solo tocco, farlo con la giusta velocità e mettergliela al suo piede”.

2. “Nelle mie squadre il portiere è il primo attaccante, e il centravanti il primo difensore”.

3. “Perché non sarebbe possibile battere una squadra più ricca? Io non ho mai visto una borsa piena di soldi segnare un goal”

4. A un giovane Jorge Valdano, che lo critica per le proteste all’arbitro e gli dice con arroganza “prendi il pallone e gioca da solo”, chiede il nome e l’età. “Ho 21 anni” gli risponde. E lui “Ragazzo, a 21 anni a Cruyff si dà del lei”

5. “Un vero leader non consola i compagni per un errore. Se ne assume la responsabilità in prima persona”

6. “Quando hai vinto qualcosa, tu non arriverai più al 100%. Sarai al 90%. Come una bottiglia di acqua gassata appena stappata e poi richiusa, avrai perso un po’ di gas. E allora qualcuno dovrà scuoterti per farlo tornare”

7. “C’è sempre e solo un pallone in campo. E tu devi averla”. A volte, dicevano i suoi detrattori, la toglieva anche ai compagni, oltre che agli avversari.

8. “Nel golf tu hai un allenatore per ogni mazza, percorso, distanza da coprire con la pallina. E nel calcio invece c’è un solo allenatore per 15 persone. Lo trovo folle”. E pensare che il suo Barcellona ne ha almeno 30, e così l’Ajax che portò nella leggenda.

9. “La qualità senza risultati non ha senso. I risultati senza la qualità sono noiosi”

10. “Giocare a calcio è semplice. Ma giocare un calcio semplice, è la cosa più difficile”

E l’ultima è “devi credere sempre in te stesso, soprattutto se sei Johan Cruyff“. Aveva una grande consapevolezza di sé, il profeta del gol, se è vero che prima di Milan-Barcellona, finale di Coppa Campioni, disse “siamo i più forti, giochiamo il calcio migliore. Non vedo come potremmo perdere”. Ha vinto quasi tutte le partite con tre gol di scarto, l’olandese volante, i suoi giocatori si trovano a memoria e davanti ha un devastante Romario. Continua, Cruyff, che nel Milan giocò un tempo in un Mundialito, circa una decina d’anni prima. L’unica volta che assaggiò il calcio italiano. Dall’altra parte il Milan di Fabio Capello, del croato Boban e il montenegrino Dejan Savicevic. “Abbiamo già vinto”, dirà alla fine dell’incontro con la stampa, prima della partita. Il giorno dopo perderà 4-0. Con una partita stellare di un ragazzo di Titograd che, come lui, era innamorato del pallone.

 

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