Quelli che usano l’ambulanza per portare la cocaina

Falso ideologico, truffa aggravata e peculato: sono queste le accuse a carico di Claudio Proietti e Antonio Ferri, responsabili di un settore e coordinatore dell’autoparco del Policlinico Umberto I. Le carte processuali parlano di ambulanze lanciate a sirene spiegate per portare la cocaina a domicilio, o ancora, utilizzata per andare “agli appuntamenti con l’estetista”, o del dipendente delle ambulanze che timbrava il cartellino per poi spostarsi nel suo secondo lavoro. E’ ancora una storia di fannulloni quella che porta tre persone agli arresti domiciliari e altre sette iscritte nel registro degli indagati.

QUELLI CHE USANO L’AMBULANZA PER PORTARE LA COCAINA

Il Messaggero nella Cronaca di Roma racconta dell’assurda vicenda.

A sirene spiegate per consegnare la cocaina. Uno dei pochi servizi per i quali l’autista di ambulanze Gianfranco Troiani mostrava di avere fretta. Anni in giro per la città, ma anche per l’hinterland, a scapito della salute dei cittadini e delle urgenze del policlinico Umberto I, per il quale lavorava. C’è questo e molto altro nelle 300 pagine di ordinanza di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Roma, a conclusione di un’indagine condotta dai commissariati San Lorenzo e Casilino. Ci sono accuse di falso ideologico, di truffa aggravata, di peculato, e parecchi fronti aperti sui quali gli uomini della dirigente Giovanna Petrocca stanno continuando a lavorare. Nel capo d’imputazione figurano i nomi di Troiani, ma anche di Claudio Proietti e Antonio Ferri, rispettivamente responsabile di un settore e coordinatore dell’autoparco dell’ospedale. I tre dipendenti del nosocomio sono stati sottoposti agli arresti domiciliari,mentre altre sette persone sono state iscritte sul registro degli indagati e quattro sono state interdette dai pubblici uffici.

 

L’inchiesta è partita da segnalazioni di dipendenti del Policlinico, “disgustati” da quel che stava avvenendo nella struttura pubblica.

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Troiani è in giro per una consegna di cocaina a Colleferro. Gli inquirenti lo definiscono “un piccolo spacciatore al dettaglio”. A volte usa l’auto di emergenza per il trasporto del sangue, altre l’ambulanza, e si muove sempre con le sirene spiegate. I colleghi lo aspettano, c’è un urgenza. «Troiani – gli grida uno al cellulare, non sapendo di essere intercettato – perché sei uscito con l’ambulanza? Che cazzo, quella serve». Lui finisce il giro e rientra.Mamolte altre volte ancora.(…). Partono gli accertamenti e si scopre che mentre Troiani faceva i suoi affari con lo spaccio, c’era chi come Ferri lavorava anche in un autoparco di ambulanze privato a Casal del Marmo, mentre al policlinico c’era chi timbrava il cartellino al posto suo. E la cosa è continuata fino all’altro giorno, quando la polizia lo ha cercato fingendo di dovergli notificare una multa: «Sono in ferie», ha risposto.

 

Quello di Troiani è il caso più eclatante, chiaramente; fra i dipendenti del Policlinico chi aveva scarsa voglia di lavorare in ogni caso non mancava mai.

C’è chi rubava la benzina facendo rifornimento alla propria auto e mandando il conto al policlinico, tanto che due dipendenti della stazione di servizio sono stati iscritti sul registro degli indagati. Ma il sospetto degli investigatori è che il gruppo riuscisse anche a pilotare assunzioni e appalti. Dice Proietti al telefono con un collega: «Vediamo di orientare quell’affare per i nostri amici »

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