Kung Fu Panda 3, Po scopre la stepchild adoption

KUNG FU PANDA 3 –

Po, l’eroe per caso. E’ impossibile non adorare il panda più famoso del mondo dell’animazione, uno straniero nel suo mondo che ci ha insegnato, lungo tre film, che basta credere nell’impossibile per realizzare i propri sogni, per trovare il proprio posto nel mondo.
Ma il bello di una delle saghe cinematografiche moderne più amate da bambini e adulti è la sua capacità di migliorare con il tempo, di trovare nella continuità narrativa ed emotiva sempre nuova linfa.

KUNG FU PANDA 3, LA TRAMA –

Po è il guerriero dragone. Con il suo gruppo di fuoco – tigre, mantide, scimmia, gru e vipera – si diverte a godersi la popolarità ottenuta con le sue imprese. Sembra finalmente un panda realizzato, tra entrate in scena spettacolari e bagni di folla, anche solo per andare a comprare il pranzo. Ma non ha ancora trovato se stesso. Lo scopre quando il suo maestro decide di lasciargli la guida di tutto: da elemento di punta della squadra che difende la propria valle, a insegnante. Il maestro Shifu sa che per crescere, si deve affrontare ciò che non si conosce. Ciò che non si sa fare. Nel frattempo, dal regno degli spiriti in cui si è rifugiato Oogway, arriva il pericolo Kai, ex sodale del grande guru del kung fu e ora arcinemico. Vuole il Chi di tutti i maestri e distruggere ciò che il suo fratello d’armi ha costruito. Po il Panda compreso. Che nel frattempo scoprirà tutto (o quasi) di sé.

Kung Fu Panda 3

KUNG FU PANDA 3, LA RECENSIONE –

A Jennifer Yuh, che nel secondo capitolo – grazioso, ma forse strutturalmente il capitolo più debole -, si aggiunge l’italiano Alessandro Carloni, e questa nuova coppia sembra poter far dimenticare l’ottimo e dinamico duo Osborne-Stevenson del primo film. Sfruttando l’inevitabile crescita del personaggio decidono di non andare sul sicuro e provare a dare una svolta alla narrazione e far crescere il protagonista. Si prendono il rischio di togliergli la patina un po’ cialtrona, così efficace a livello comico, per farlo diventare uomo, anzi panda. E non perdono tempo: prima Shifu lo copre di responsabilità, poi mentre si piange addosso per la sua inadeguatezza al compito, incontra il suo padre naturale. E alla faccia di Alfano (attenti, quello che segue è uno spoiler molto raffinato), scopre la stepchild adoption. Due padri e neanche una madre, per la rabbia del candidato sindaco di Roma Mario Adinolfi. Ma non è abbastanza, noi spettatori lo sappiamo, ma lui ancora no: il malefico, violentissimo e feroce Kai sta arrivando per distruggere tutto. E lui solo trovando il “Chi”, la vera essenza di sé, il potere supremo, potrà sconfiggerlo. Ma lui non ha idea di cosa sia, può riuscirci solo cercando chi sia. Chi sia davvero.
E questo viaggio all’interno della propria natura multiforme, è la parte più emozionante e speciale del film. Il suo approdo al villaggio segreto dei panda, dolce, buffo e profondo, così come la scoperta che la vita, gli affetti, l’eroismo sono quella magia che fa diventare la somma delle parti di sé, un risultato più grande.

Kung Fu Panda 3

Tutto è sul filo del sorriso in Kung Fu Panda 3, tutto viaggia tra momenti di ilarità e svolte drammatiche, tra action e introspezione. Po, anche grazie a un Fabio Volo bravo a sentire dentro il personaggio nel doppiaggio italiano (all’inizio stenta, poi forse l’immedesimazione lo aiuta: certo Jack Black, Dustin Hoffman, Bryan Cranston, Angelina Jolie e gli altri, nella versione originale, sono irresistibili), non perde mai la sua identità, il suo sguardo puro verso la vita, la ricerca della felicità per vie sempre tanto improbabili quanto efficaci. Dopo una prima parte di film che va col pilota automatico, la crescita del valore cinematografico del film cresce esponenzialmente, diventando un romanzo di formazione speciale, mai banale, fino al finale giocato alla grande, in cui ci viene raccontato che l’eroismo vero è essere se stessi, accettare e cavalcare la vita com’è e come viene, non come la vorremmo. Po ci insegna che non c’è qualcosa di giusto o sbagliato, negli uomini, nelle loro storie, nel loro percorso. Non ci sono famiglie tradizionali o vie prestabilite per realizzare i propri sogni. C’è solo la necessità di non tradirsi mai, di non aver paura di sbagliare, di essere leali con se stessi e con chi ami. E di credere in sé, ma ancora più negli altri. Perché il “Chi” è rendere migliore chi ti è intorno, ancora prima che te stesso.

Una favola, classica e allo stesso tempo modernissima. Eccolo il “Chi” di Kung Fu Panda 3.

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