Giosué Ruotolo: «Pesanti indizi su di lui»

L’omicidio dei fidanzati di Pordenone, Trifone Ragone e Teresa Costanza, ad un anno e a qualche giorno dalla commissione starebbe acquisendo progressivamente una luce nuova con l’arresto cautelare di Giosué Ruotolo, il commilitone di Ragone alla caserma della Brigata Ariete di Pordenone e che, secondo le primissime notizie a disposizione, sarebbe dipeso da «un diverbio». Da ieri sera Ruotolo è rinchiuso nel carcere di Belluno con l’accusa di duplice omicidio mentre la sua compagna, Maria Rosaria Patrone, è ai domiciliari a Somma Vesuviana con l’accusa di favoreggiamento.

GIOSUÈ RUOTOLO, LA CONFERENZA STAMPA

Sta iniziando in questi minuti la conferenza stampa presso il tribunale di Pordenone. «Esiste un quadro complesso e articolato, di carattere indiziario, che portano a nostro parere verso la responsabilità del Ruotolo». La procura si sente in grado di dimostrare che il presunto colpevole fosse nel parcheggio della palazzetto dello Sport di Pordenone, nei pressi della palestra in cui Trifone Ragone si allenava e luogo del duplice omicidio, «non subito prima, ma durante l’omicidio» dei due fidanzati. Continuano i procuratori sostenendo che «ai fini della ricostruzione della presenza del Ruotolo sulla scena del crimine acquista particolare importanza la dichiarazione del soggetto uscito dalla palestra poco prima di Maria Rosaria Patrone e che ha deciso di fare un po’ di jogging nelle strade intorno alla palestra»; incrociando le testimonianze e i dati della telecamera dell’Istitituto scolastico Kennedy lì nelle vicinanze i procuratori hanno stabilito che poco dopo gli spari l’Audi del Ruotolo passa davanti alla scuola; da cui «l’autovettura del Ruotolo si doveva trovare sul luogo del delitto nel momento in cui questo avveniva».

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Sarebbe dimostrabile, inoltre, che l’autovettura del presunto colpevole si sarebbe fermata in largo san Valentino, accanto al laghetto nel parco omonimo, in cui si sarebbe disfatto dall’arma.

Ruotolo, peraltro, informano le agenzie “prima aveva detto di non essere stato lì, poi ha cambiato versione dopo la visione di alcune immagini; parlando con un testimone abbiamo concluso che è impossibile che lui non abbia sentito gli spari”, ha spiegato Marco Martani, procuratore capo di Pordenone.

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