Riscossione Sicilia, Antonino Fiumefreddo “silurato” e la «vittoria degli intoccabili» dell’Isola

05/03/2016 di Redazione

Non era un mistero che da tempo fosse inviso a gran parte dei deputati dell’Ars, il Parlamento siciliano, dopo le cartelle esattoriali inviate a due terzi dell’Assemblea, i pignoramenti e le liste consegnate ai pm dei deputati morosi. Ora Antonino Fiumefreddo, (ex) uomo del governatore siciliano Rosario Crocetta, è decaduto dalla presidenza dell’ente Riscossione Sicilia. Ovvero, la società partecipata – in perenne perdita – che si occupa delle tasse nell’Isola. «Lesa maesta, il Palazzo del potere non gradisce chi vuol fare rispettare la legge. Me l’avevano giurata, me l’hanno fatto pagare», ha denunciato il diretto interessato a BlogSicilia dopo il suo siluramento. Arrivato “tecnicamente” dopo le dimissioni, chieste e incassate, dei due consiglieri di amministrazione Maria Filippa Palagonia ed Eustachio Cilea. Una scelta che ha fatto decadere tutto il Consiglio e anche il suo vertice. Proprio mentre l’Ars decideva di concedere all’ente quella ricapitalizzazione, necessaria per tenerla in vita, ma negata finché lui era presidente.

ANTONINO FIUMEFREDDO, CHI E’ L’EX PRESIDENTE DI RISCOSSIONE SICILIA DIMISSIONATO DOPO LE CARTELLE ESATTORIALI INVIATE AI PARLAMENTARI MOROSI

Fin qui i fatti degli ultimi giorni. Ma serve fare un passo indietro per comprendere non solo chi sia Fiumefreddo, ma anche come siano nati gli attriti tra il suo ente e l’Ars. Avvocato ed ex presidente del teatro Massimo Bellini, non mancarono le polemiche in passato sul suo conto, considerato dai suoi detrattori come un “candidato a tutto”. Ovvero, una sorta di “uomo buono per tutte le stagioni”, come riportava Repubblica. Basta ricordare le tensioni attorno alla sua nomina come assessore designato ai Beni culturali, durata soltanto per qualche giorno, tra le proteste:

 

«Figura dai tanti volti, Fiumefreddo: avvocato di boss e militante antimafia, uomo di cultura nominato come sovrintendente al Teatro Bellini di Catania da Lombardo. Fondatore della testata Sudpress e fino all’anno scorso docente alla Link University, l’ateneo dell’ex ministro Vincenzo Scotti. Volti del passato che riaffiorano di continuo. Nell’aprile 2014, Fiumefreddo fu costretto a non accettare l’incarico ai Beni culturali proprio per le polemiche nate dalle rivelazioni sulle spese deliberate quando era alla guida del Teatro Massimo Bellini, fra cui quella per un appalto concesso alla società di trasporto Geotrans, riconducibile al boss Ercolano di cui lo stesso Fiumefreddo era legale. Lui negò di avere mai firmato quel contratto, dicendo che la firma era stata contraffatta. Ma era stata anche l’allora assessore alla Sanità, Lucia Borsellino, a mettersi di traverso («Non fatemi sedere accanto all’avvocato di un boss»). L’estate scorsa, nel ciclone seguito al caso Tutino e alle dimissioni della Borsellino, il nome di Fiumefreddo era tornato in pista. La sua nomina alla poltrona dell’assessore dimissionario Linda Vancheri sembrava cosa fatta. «È l’uomo giusto», diceva Crocetta. Ma anche allora il Pd si oppose chiedendo la revisione totale della giunta ed evidenziando i legami tra l’avvocato e Confindustria», riportava il quotidiano allora diretto da Ezio Mauro.

 

Poi, il 15 aprile dello scorso anno, la nomina come presidente di Riscossione Sicilia, una delle società regionali più importanti. Di fatto, l’esattore delle tasse dei cittadini dell’Isola. Un ente per il quale Crocetta aveva prima pensato all’ex pm Antonio Ingroia, poi bloccato dal Csm e “inviato” alla presidenza di Sicilia e-servizi, la società regionale dei servizi informatici. Sembrano destini che si incrociano, quelli di Ingroia e Fiumefreddo. Perché anche la società di Ingroia non se la passa bene negli ultimi tempi. Di fatto, depotenziata dall’Ars, che le ha tolto il “monopolio” della gestione dell’informatica nell’Isola, lasciando alla Regione la libertà di potersi avvalere anche di altri soggetti privati. Peggio è andata a Fiumefreddo. Perché se Riscossione Sicilia è stata alla fine “salvata” dall’Assemblea siciliano con la riscrittura governativa dell’articolo 33 della Legge di Stabilità della Regione Siciliana (e circa 13 milioni di euro di fondi stanziati per ripianamento dei debiti e funzionamento, ndr), il suo presidente invece è stato “silurato”. 

ANTONINO FIUMEFREDDO E RISCOSSIONE SICILIA: TUTTE LE TAPPE DEL SILURAMENTO

Una faida, quella tra Fiumefreddo e l’Ars, che era stata raccontata sul Corriere della Sera da Sergio Rizzo già lo scorso 4 febbraio. Ovvero, dopo che la stessa Assemblea siciliana aveva bocciato la ricapitalizzazione della società da lui presieduta:

«Mascalzoni travestiti da uomini delle istituzioni» ha definito i franchi tiratori responsabili di aver votato contro il finanziamento a Riscossione Sicilia, che ha il compito di incassare le tasse nell’isola, aprendo così uno scenario denso di incognite. Non era certo la prima volta che la Regione veniva chiamata a tappare i buchi delle esattorie, anche se questa volta più che di buco si dovrebbe parlare di voragine», riportò Rizzo.

Tradotto, per Fiumefreddo era una chiara vendetta di quei politici “morosi” al quale aveva fatto inviare le cartelle esattoriali. Una storia raccontata anche da Radio 24, che aveva intervistato lo stesso presidente e ricordato come 64 su 90 deputati dell’Ars  avessero pendenze fiscali e tributarie con il fisco. In una Regione dove solo l’8% – in media – delle tasse sono regolarmente pagate dai contribuenti. La storia della mancata ricapitalizzazione dell’ente aveva fatto infuriare Fiumefreddo:  «Depositerò dai pm la lista coi nomi dei deputati che non pagano», aveva minacciato. Tutto mentre la lista finiva sulle prime pagine de La Sicilia.

ANTONINO FIUMEFREDDO E LE ACCUSE ALL’ARS

Il resto è storia dei giorni nostri, fino alle dimissioni “forzate”. Tanto che Rizzo è tornato a raccontare la storia, denunciando come in Sicilia “vincano sempre gli intoccabili” :

Ma che Fiumefreddo avesse cominciato a tagliare le spese eliminando la lista degli avvocati esterni (887 su 702 dipendenti!), e avviato alcune azioni impopolari, come il sequestro di Porsche e Ferrari agli evasori, sono fatti. Come le cartelle di pagamento spedite a due terzi dei componenti l’assemblea regionale, con il risultato di farli infuriare. Una iniziativa senza precedenti, seguita giorni fa da una seconda ondata di 195 cartelle recapitate e sindaci, assessori e consiglieri comunali che figuravano nella lista dei morosi. Settanta solo fra Palermo (38 ) e Catania (32), dove gli avvisi hanno raggiunto oltre metà della giunta di Leoluca Orlando e più di un terzo di quella di Enzo Bianco. Questi sono i fatti e ognuno può trarre le conclusioni che crede. Perfino che l’antipatico Fiumefreddo abbia fatto di tutto per farsi cacciare. Ma è la prova che se in Sicilia le stagioni politiche cambiano, gli intoccabili restano tali. E vincono sempre loro.

 

E il governatore Crocetta? «Non ho mai mollato Fiumefreddo. Mi chiedevano di farlo, ma io l’ho difeso. Negli ultimi anni non ho ceduto neppure di fronte al rischio di una sfiducia nei miei confronti…», ha rivendicato il presidente della Regione Sicilia. I fatti dicono però che lui sia ancora al suo posto. Non lo stesso destino di Fiumefreddo.

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