Le banche e l’esproprio delle case: cosa c’è di vero (poco)

01/03/2016 di Redazione

Esproprio case: chi compra casa all’asta non paga le tasse. Questa notizia è stata diffusa dal Fatto Quotidiano il 26 febbraio 2016. Nella prima parte del pezzo si parla del provvedimento del governo:

Per accelerare al massimo il recupero dei crediti inesigibili da parte degli istituti di credito, il governo ha infatti cancellato l’articolo 2744 del codice civile, che vieta il cosiddetto “patto commissorio” e cioè “il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore”. Il superamento di questo divieto permette quindi alle banche di entrare direttamente in possesso dell’immobile e metterlo in vendita per soddisfare il proprio credito qualora il mutuatario sia in ritardo con il pagamento di 7 rate, anche non consecutive.

L’articolo è stato rilanciato da diversi esponenti del Movimento 5 stelle. Ma le cose stanno davvero così? Bufale.net, noto sito di debunking, ricostruisce passo per passo la tematica rispondendo ai dubbi emersi sui media in queste ore. Ci sono alcune precisazioni da fare.

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ESPROPRIO CASE: CONFUSIONE TRA MUTUI IPOTECARI E FONDIARI

In primis c’è confusione tra mutui ipotecari e mutui fondiari. La differenza fra i due contratti è rilevante, come sottolinea Bufale.net. Il mutuo fondiario è una “sotto categoria” dei mutui ipotecari ed è regolato dal Testo Unico Bancario (T.U.B.). Il mutuo ipotecario invece non ha gli stessi vantaggi. E ora arrivano i chiarimenti dal sito di debunking:

Perché parliamo del mutuo fondiario? Per la citazione dell’articolo 40 del T.U.B., ossia il “Testo Unico Bancario” (l’articolo de Il Fatto sbaglia il testo, ritenendo che sia il “Testo Unico della Finanza“), che disciplina i mutui fondiari che rappresentano la quasi totalità dei mutui per l’acquisto della prima casa di residenza. Pensate che per i mutui non fondiari la banca può già invocare decadenza dal beneficio del termine anche dopo solo una rata non pagata. Il Fatto Quotidiano parla di esproprio dopo le famose “sette rate”, omettendo che questa condizione risolutiva è di fatto già in vigore dal 1993, e riguarda esclusivamente i mutui fondiari. Con l’atto del Governo non vi è alcuna modifica dell’articolo 40 del Testo Unico Bancario.

Ecco qui l’atto del governo e qui la relazione illustrativa.

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ESPROPRIO CASE: IL PATTO MARCIANO

E ora passiamo ai dubbi, leciti, dopo l’allarmismo scatenatosi sui media.  L’atto del Governo non tocca l’articolo 2744 del Codice Civile che tratta il tema del “patto commissorio“. Si parla di “patto marciano” dove il creditore diventa proprietario del bene ricevuto in garanzia finché il debitore non adempie. Ci sono alcune garanzie: la prima è che l’obbligo è che il bene stesso venga stimato da un perito scelto dalle parti di comune accordo, la seconda che il creditore versi al debitore la differenza tra l’ammontare del credito e l’eventuale accertato maggior valore del bene.

ESPROPRIO CASE: IL PREZZO NON LO DECIDE LA BANCA

Il prezzo lo decide la banca? No. Lo stabilisce il comma 3 dell’articolo 120-quinquiesdecies e il 2 dell’articolo 120-duocedies. «La valutazione – recita il comma – è svolta da persone competenti sotto il profilo professionale e indipendenti dal processo di commercializzazione del credito, in modo da poter fornire una valutazione imparziale ed obiettiva».

ESPROPRIO CASE: LA STORIA DELLE 7 RATE

La regola delle 7 rate non viene introdotta dall’atto del Governo. come spiega Bufale.net:

Il tema è molto complesso. A tal proposito ci affidiamo all’articolo dello Studio legale Tidona del 7 maggio 2015 dal titolo “La risoluzione per inadempimento del contratto di mutuo fondiario“, al quale suggerisco una lettura completa per meglio comprendere le dinamiche che legittimano la banca ad agire con la risoluzione contrattuale o con decadenza dal beneficio del termine. Riprendendo quanto riportato dallo studio Legale Tidona, la risoluzione per ritardato pagamento può essere invocata dalla banca quando il pagamento avviene dopo il trentesimo ma prima del centottantesimo giorno: in questa fase (che è quella di ritardato pagamento) il debitore può pagare la rata con gli interessi di mora, mentre la banca può chiedere la risoluzione del contratto per “ritardato pagamento” solo se questo si verifica almeno sette volte, anche non consecutive. Quindi un piccolo ritardo di qualche giorno, anche se reiterato, non consentirà risoluzione da parte della banca.

ESPROPRIO CASE: COSA CAMBIA DAVVERO

La modifica del contratto non può avvenire unilateralmente. Lo regola il comma 3 dell’articolo 120-quinquiesdeci. Quindi cosa cambia? Anche prima la banca, non completamente soddisfatta, poteva agire nei confronti del mutuatario. in realtà si saltano un processo: il ricorso alle procedure esecutive giudiziali. In pratica il creditore non avrà più bisogno di ricorrere ad un Giudice. Qui le conclusioni del report di Bufale.net.

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