Brexit, cosa succede se il Regno Unito dice addio all’UE

22/02/2016 di Andrea Mollica

Brexit

, l’addio del Regno Unito all’UE indicato come Brexit sulla stampa appare una prospettiva realistica. I sondaggi rilevano in vantaggio i sostenitori del no al referendum sull’accordo della Gran Bretagna per rimanere nell’Unione europea che sarà sottoposto al voto dei cittadini il 23 giugno 2016. Una parte del governo conservatore di David Cameron, guidata dal sindaco di Londra Boris Johnson, farà campagna per la Brexit. Ecco cosa succede con la Brexit in caso di vittoria dei no.

BREXIT COSA SUCCEDE AL REGNO UNITO

L’economica britannica è strettamente legata a quella europea. In caso di Brexit rincarerebbero le esportazioni così come le importazioni. Le aziende britanniche sarebbero particolarmente colpite dalla perdita dell’accesso al mercato unico, con esportazioni di circa 38 miliardi di euro in pericolo secondo un recente studio. L’industria automobilistica del Regno Unito è totalmente dipendente dai fornitori europei, e subirebbe un colpo grave dall’eventuale ritorno dei dazi e delle barriere doganali su questi prodotti. Ulteriori limitazioni al commercio con gli altri Paesi UE, come la fissazione degli standard di produzione sull’imballaggio, l’etichettatura o l’igiene potrebbero penalizzare l’industria britannica, schierata per il sì al referendum. Londra perderebbe il suo ruolo di capitale finanziaria dell’Europa, favorito anche dalle favorevoli condizioni alle banche garantite dalla Bce. Per Citbank la Brexit potrebbe far perdere 1 punto e mezzo di Pil l’ano tra il 2016 e il 2018. I sostenitori della Brexit ritengono però che grazie all’addio alla regolamentazione europea il Regno Unito sarebbe in grado di adattarsi con facilità al nuovo scenario economico, creando condizioni più favorevoli per lo sviluppo futuro.

BREXIT COSA SUCCEDE ALL’ UE

Brexit è una prospettiva negativa anche per l’economia europea. La sterlina probabilmente si svaluterebbe in modo rilevante per le ricadute economiche della Brexit, rendendo meno competitivi i prodotti dei Paesi UE in uno dei più importanti mercati mondiali. Effetto simile sarebbe provocato anche dalle nuove regole a cui sarebbero sottoposte le esportazioni europeo nel Regno Unito. Oltre a questo, le ripercussioni politiche sarebbero rilevanti. Per quanto non esista una vera politica estera comune europea, la frattura con il Regno Unito renderebbe più debole la posizione dell’UE sullo scenario mondiale, visto che Londra è una potenza economica con il più forte esercito europeo. La Russia sarebbe la vincitrice di questa divisione. Ancora più inquietante è la prospettiva di un effetto domino nazionalista sugli altri Stati UE: la crisi dei migranti, così come prima quella dell’euro, ha evidenziato quanto sia ancora limitata la solidarietà tra le capitali continentali. A livello psicologico l’addio a un Paese da 64 milioni di persone renderebbe più fragile il progetto dell’unificazione europea, a cui però la Gran Bretagna si è sostanzialmente sempre opposta. L’UE perderebbe il secondo Paese membro per popolazione, che però non sarebbe mai entrato negli Stati Uniti d’Europa, e già ora non partecipava a numerosi ambiti comunitari.

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