Le 5 scene di Massimo Troisi che non dimenticheremo mai

Avrebbe 63 anni, oggi Massimo Troisi. Se n’è andato a poco più di 40, un’ingiustizia umana e artistica. Perché a 63 anni, ora, un cineasta è ancora nel pieno della sua produzione creativa, sa ancora regalare capolavori. E noi, invece, l’abbiamo perso più di 2 decenni fa il nostro genio più grande. Chissà come sarebbe, più maturo, Massimo Troisi. Chissà come quella parlata musicale e indolente si sarebbe trasformata, chissà come quel finto disincanto si sarebbe fatto strada tra le rughe della vecchiaia. Chissà che regista e attore sarebbe diventato.

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Possiamo solo immaginarlo e ricordarci che, in fondo, non è morto. Perché la sua arte è ancora così viva che la citiamo ovunque: nei nostri modi di dire, nelle riflessioni che lui sapeva provocarti con il sorriso e la sensibilità, nelle cene in cui citiamo le sue scene cult. Ecco, oggi, per festeggiare il suo compleanno, noi proveremo a evocarne cinque. E vi diremo il titolo del film (e non solo), alla fine. Così, magari, potrete giocare a indovinarle.

1. “Vincenzo, lasciami stare”. “Che è”. “Tanto non capisci”. “Come non capisci, e che sò sciemo? Se mi spieghi capisco, che c’è ah?”. “Che c’è? C’è che il Napoli sta perdendo con il Cesena!”. Per la cronaca era il 26imo del primo tempo e i romagnoli al San Paolo erano sul 2-1. Clamoroso al San Paolo. Massimo, pardon Vincenzo, nel bel mezzo di un litigio post coitum accende su Tutto il calcio minuto per minuto. “Per questo. Eh, io o’ ssapevo, l’avevo capito. E vabbuò, non te preoccupà, tanto è ‘o primo tempo. Può essere pure che ‘a pareggian'”

Scusate il ritardo (1983)

2. “Tu je dici di sì, tanto a te chi ti controlla” dice il primo alle spalle del secondo, parlando al patrono. Frase apparentemente interlocutoria dello sketch, che però fa capire quanto fosse dissacrante La Smorfia di Troisi, Arena e De Caro. E lì, forse, alle prese con il suo patrono, lo dimostra ancor più che nel più celebre “Annunciazione, annunciazione!”. Il Vangelo secondo Massimo.

Non Stop (1977)

3. Alzi la mano chi non l’ha mai detta. E’ forse la sua battuta più celebre, di sicuro la sua più ricordata. E il titolo di questo film, il giorno dopo la sua morte, fu usata da tutti i giornali. Inevitabilmente.

Non ci resta che piangere (1984)

4. Ennesimo titolo entrato nel nostro parlato quotidiano, aforisma in sei parole. Film sottovalutato questo, come la forza politica della comicità di Massimo Troisi, non di rado accusato di disimpegno. Eppure basta ricordare il monologo televisivo sul Belice contro Pertini oppure questa battuta, folgorante, su Benito Mussolini.

Le vie del signore sono finite (1987)

5. Con questo esordio abbiamo capito che era un genio. E qui troviamo momenti meravigliosi: il tormentone sull’emigrante come l'”attacco” a San Francesco. Ma forse, per raccontare la cura dei dettagli e le intuizioni di Massimo, vale quel surreale e dolcissimo “Fatti leggero”.

Ricomincio da tre (1981)

Bonus Track

Una sorpresa. Vi state chiedendo cosa direbbe il grande artista del suo Napoli quest’anno. Lui, grande amico di Diego Armando Maradona, lui che adorerebbe Maurizio Sarri. Lui che aveva il cuore azzurro. Non sappiamo come commenterebbe questo campionato. Ma se si dovesse compiere il miracolo napoletano, lui reagirebbe così. Anche se a noi piace ricordare una battuta su quella che ora viene chiamata, grazie al politically correct, discriminazione territoriale, ma che allora era ancora solo schifoso razzismo.
“Siete i campioni del Nord Africa, l’unità d’Italia non è mai avvenuta” afferma il grande giornalista Gianni Minà. A proposito della tanto sottovalutata, ora, discriminazione territoriale. Lui risponde, con delicata ferocia. “Meglio essere campioni del Nordafrica, che fare striscioni da Sudafrica”. L’apartheid c’era ancora, da quelle parti.

Maggio 1987, Intervista di Gianni Minà.

E infine, una canzone, come in ogni compleanno che si rispetti

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