Debito e Irpef, 14 miliardi di motivi per cui Roma è in ginocchio

Roma Capitale ha ancora sulle spalle quasi 14 miliardi di euro di debito antecedente al 2008: è quello che la gestione commissariale istituita dal governo di Silvio Berlusconi ha aperto per convogliare tutto il passivo antecedente all’arrivo al Campidoglio di Gianni Alemanno; una gestione finanziaria dissennata e più che di manica larga, di cui ora i romani pagano il conto con la pressione tributaria più alta d’Italia; e, la notizia è che dovranno pagarlo per ancora molti anni, visto che il buco nero delle finanze del Campidoglio non accenna a diminuire.

DEBITO E IRPEF ALLE STELLE, COSÌ ROMA È IN GINOCCHIO

Silvia Scozzese, già assessore al Bilancio della giunta di Ignazio Marino e poi nominata commissaria al debito pregresso in sostituzione di Massimo Varrazzani, ha depositato una scarna e significativa relazione sulla scrivania del ministero del Tesoro Pier Carlo Padoan.

Le notizie per la città sono pessime, raccontano Simone Canettieri e Fabio Rossi sul Messaggero.

E’ la quantificazione del «buco» a lasciare poco spazio alla fantasia: 13,6 miliardi di euro. In poche parole due volte il bilancio del Campidoglio. Oltre i tre quarti del debito complessivo è riferito a mutui contratti dal Comune prima del 2008, che la gestione commissariale sta pagando da quando ha iniziato la propria attività. La «bad company» fu creata dal governo Berlusconi, con l’arrivo di Gianni Alemanno sul colle capitolino, per cercare di infettare il meno possibile i conti dell’ordinaria amministrazione della Capitale. Ma è la morfologia del deficit ad assomigliare ancora a un mare tutto da esplorare. Durante questi mesi di ricognizione sono stati messi in evidenza alcuni aspetti singolari. Un esempio? I debiti diversi dai mutui, poco meno della metà risultano «alla data odierna» classificato come «indefinito». Si tratta per la maggior parte di buchi riferiti a espropriazioni, quindi legati a lunghissime vertenze giudiziarie. A partire dai terreni e gli immobili dell’area dello Sdo di Pietralata: un progetto mai decollato che adesso sta presentando il conto. Un caos visto che esistono ancora dubbi sull’attribuzione di quei debiti: sono da mettere in carico alla gestione commissariale o al bilancio ordinario del Campidoglio? Anche le posizioni creditorie attribuite alla Gestione commissariale risultano in larga parte «indefinite». Insomma, non si sa da chi prendere e da chi ricevere per ripianare il buco

 

Come uscirne?

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E’ necessario, consiglia la Scozzese al governo, andando a separare stabilmente le due strutture, la gestione ordinaria e quella straordinaria del Bilancio Capitolino; rimane vero che anche e sopratutto per colpa di questo “bubbone” i romani pagano le tasse più alte d’Italia, a cui si associano altri fondi dei contribuenti trasferiti dal governo che ogni anno versa a Roma Capitale un importo proprio per coprire il debito pregresso e che, sotto la giunta di Ignazio Marino, ha concesso alla città un’ulteriore linea di credito per i cosiddetti extracosti.

Per evitare soluzioni traumatiche bisognerà sperare che ogni anno lo Stato continui ad assicurare alla gestione commissariale i 500 milioni di contributi a fondo perduto, necessari per ripagare banche e creditori privati, che spesso sono ignoti. E i romani dovranno continuare a pagare l’addizionale comunale Irpef più alta d’Italia (il 9 per mille), lasciando quasi la metà degli incassi per questa sovrattassa (circa 200 milioni l’anno) a colmare un po’ alla volta la voragine creatasi, nel corso degli anni e delle amministrazioni, fino al cutoff di otto anni fa. Il piano di rientro del debito storico, adesso gestito dalla Scozzese, è peraltro collegato anche al piano di riequilibrio triennale dei conto capitolini, concordato nel 2014 tra il Mef e il Campidoglio. Con l’assessore al bilancio – in quel momento era la stessa Scozzese – che ha contrattato con il Governo un contributo annuale di 110 milioni, sotto forma di risarcimento per gli extra costi sostenuti da Roma per il suo ruolo di Capitale della Repubblica. Per continuare a ottenere questi fondi extra da parte di Palazzo Chigi, che si aggiungono ai 500 milioni destinati alla gestione commissariale, l’amministrazione comunale dovrà continuare a fare “i compiti a casa” con grande rigore, ossia tenere i conti sotto strettissimo controllo, abbandonando definitivamente le disinvolte abitudini di un tempo.

 

Quando finirà quest’odissea? Ci vorrà molto tempo, probabilmente anche più della data-limite del 2040, già da tempo comunque più che altro un limite indicativo.

Fotocredit: Bruno, Antonella Profeta, Francisco Antunes /Creative Commons / Flickr

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