Statue coperte, la relazione: «Lo ha chiesto l’Iran»

17/02/2016 di Redazione

Fu dell’Iran la richiesta di coprire i nudi delle statue ai musei capitolini durante la visita di Hassan Rohani; il cerimoniale italiano si adeguò e quello capitolino piegò la testa. Questa la ricostruzione nella relazione che il soprintendente capitolino alle antichità, Claudio Parisi Presicce, ha inviato a Francesco Paolo Tronca, commissario straordinario di Roma Capitale, sul pasticcio delle statue coperte durante la visita del presidente della Repubblica Islamica dell’Iran: più indagini amministrative, fra Palazzo Chigi, il Governo e il Comune di Roma, alcune di esse mantenute sotto strettissimo riserbo.

STATUE COPERTE, LA RELAZIONE: «LO HA CHIESTO L’IRAN»

Giovanna Vitale sulla Repubblica ha avuto accesso a quella che il capo delle antichità di Roma Capitale ha inviato all’ex prefetto di Milano.

«Coprite quelle statue». Fu la delegazione iraniana a ordinare al Cerimoniale italiano di oscurare i marmi dei Musei Capitolini, dove il presidente Rohuani e il premier Renzi avrebbero celebrato il successo del loro incontro. Cade così il segreto di Stato sulla gaffe planetaria, per quasi un mese custodito meglio del mistero di Fatima: e si scopre perché i nudi maschili e femminili esposti nella celebre galleria comunale siano stati “rivestiti”, scandalizzando mezzo mondo. A svelarlo è la relazione che il sovrintendente romano ai Beni culturali, Claudio Parisi Presicce, ha inviato a un furibondo Francesco Paolo Tronca per replicare all’accusa di non averlo informato. Una tesi, per la verità, mai sposata da Palazzo Chigi, che non ha ancora voluto fornire una versione ufficiale. E questo malgrado le due diverse indagini interne avviate sia dalla presidenza del Consiglio, sia dal Campidoglio, per individuare i colpevoli. I cui esiti sono blindati, inaccessibili. Chiusi nei rispettivi palazzi che non se li sono neppure scambiati tra loro, tanto è alto il muro di riservatezza alzato attorno alla vicenda. Eppure, scorrendo la relazione Presicce, la catena di comando è ben ricostruita. A cominciare dai 4 sopralluoghi condotti in gran segreto nelle settimane precedenti al 25 gennaio (data della conferenza stampa congiunta nella Sala dell’Esedra) da altrettanti protagonisti: il capo del Cerimoniale italiano, Ilva Sapora; il capo della delegazione iraniana; il capo del cerimoniale comunale Francesco Piazza e il sovrintendente capitolino. Ebbene: è durante quei sopralluoghi che matura la «scelta incomprensibile», per dirla col ministro Franceschini. Dopo aver scartato un paio di percorsi, ritenuti inadeguati dai servizi di sicurezza, un solo itinerario viene approvato: Rouhani, con corposo seguito, accederà ai Musei dall’ingresso su piazza del Campidoglio, salirà la rampa dello scalone monumentale, passerà per la galleria dei Fasti Moderni, attraverso il portico del Vignola entrerà nella Sala degli Horti Lamiani per approdare proprio sotto la statua equestre del Marco Aurelio. Il problema, però, è che l’intero tragitto è disseminato di statue, subito giudicate imbarazzanti dagli “ambasciatori” persiani. La richiesta ai colleghi italiani è perentoria: rimediare, oscurare, coprire.

LEGGI ANCHE: Statue coperte, nel mirino Ilva Sapora

E Roma Capitale abbozza, dice la Vitale: il peso della responsabilità principale sarebbe su Ilva Sapora, capo del cerimoniale di Palazzo Chigi prossima alla pensione, con scarsa conoscenza delle lingue straniere, che individua una ditta “di fiducia” a cui chiede di oscurare le statue.

La Sapora avvia una mini- istruttoria e infine dice ok, si può fare. Il padrone di casa, il sovrintendente Presicce, abbozza. Mettendo nero su bianco che in sostanza ha solo assistito a decisioni prese da altri. Tra l’altro sempre insieme al capo del cerimoniale capitolino, quel Francesco Piazza riassunto dal commissario Tronca nel suo staff, dopo la caduta del sindaco Marino. Il dado è tratto. Le statue verranno circondate da pannelli bianchi, che per tutto il weekend riposano nei magazzini. La “stesura momentanea di velature” sul Ratto delle Sabine nella Sala Pietro da Cortona, ipotizzata al principio, viene invece accantonata: il corteo non sarebbe passato tanto vicino da avvistarlo. L’impacchettamento, a cura di una ditta esterna di fiducia della presidenza del Consiglio, avviene il giorno stesso dell’evento, a partire dalle tre del pomeriggio, allorché i Capitolini vengono sbarrati al pubblico. Conferma Massimiliano Montenovi, titolare dell’azienda incaricata di imballare le opere della mostra su Raffaello che aveva chiuso i battenti il giorno prima: «Per consegnare le casse vuote dove riporre le tele ci è stato concesso di accedere alla piazza solo dalle 6 alle 7 di lunedì mattina, proibendoci sia di restare, sia di tornare fino al martedì».

Share this article