Evasi Rebibbia, la madre: «Florian soffriva, ha perso la testa»

Evasi Rebibbia. Era in prigione da quando aveva 19 anni, «per una rapina», racconta la madre di Florin Mihai Diaconescu, il ventottenne rumeno protagonista dell’evasione da Rebibbia di domenica sera: lui e il suo compagno di cella Catalin Ciobanu sono ancora a piede libero dopo essere scappati dal carcere romano. Ed è la madre a raccontare di come il figlio negli ultimi tempi fosse davvero giù di morale e fosse pronto «a farla finita» dopo aver ricevuto la notizia di un aumento di pena che lo avrebbe costretto altri anni in prigione per scontare un cumulo di reati fra cui furto, rapina e resistenza. 

EVASI REBIBBIA, LA MADRE:  «SOFFRIVA, HA PERSO LA TESTA»

Di lì, la decisione di evadere. Il Messaggero nella Cronaca di Roma parla con Helena.

Piange, singhiozza, si dispera: «Voleva ammazzarsi, invece è scappato. Spero che torni». Helena, la madre di Florin Mihai Diaconescu, il ventottenne romeno evaso domenica dal carcere di Rebibbia con un compagno di cella, Catalin Ciobanu, non si dà pace. «Ha fatto una pazzia – ripete in lacrime – Era disperato, ripeteva in continuazione: “Mi ammazzo, mamma. Non ce la faccio più a vivere in galera”. E invece è fuggito aggravando la sua posizione. E lasciando noi nell’angoscia, nella disperazione». «Da un mese – continua la donna, 45 anni, vedova, e madre di quattro figli – Florin aveva perso ogni speranza. Da quando ha saputo che il suo fine pena era slittato al 2021, non faceva altro che piangere. I nostri colloqui in carcere erano diventati drammatici. Lui mi diceva: “Sappi mamma che non ce la faccio a stare ancora dentro, la faccio finita”. Ed io per tenerlo a freno gli dicevo: “Non mi puoi dare pure questo dolore. Se ti fai del male, m’ammazzo anch’io. Invece così, è evaso, cancellando con un colpo di spugna la sua buona condotta».«Era in carcere dal 2009 – prosegue Helena Diaconescu – Lo hanno arrestato che aveva appena compiuto 19 anni, per una rapina, da quanto mi risulta in cui è stato coinvolto da gente più grande. “Ho sbagliato, mi perdonino, quanto devo pagare?”. Lo hanno preso che aveva solo un telefonino in mano. In primo grado aveva avuto una pena pesante, ma pensava di dover rimanere in carcere al massimo ancora un anno. Ha passato anni ad aspettare quel giorno. E poi è arrivato un nuovo dispositivo, il fine pena, e a lui, a noi, è crollato il mondo addosso». In realtà il giovane, assistito dalla fase esecutiva dall’avvocato Gianluca Nicolini, doveva scontare un cumulo di pene, per altri reati, come furto, rapina e resistenza a pubblico ufficiale, complessivamente per otto condanne.

 

 

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«Spero che torni», dice la madre, che però ammette: «Uno che scappa non ascolta la madre. Spero che abbia scarpe e cibo», continua Helena; il compagno di fuga, Catalin, era atteso oggi in tribunale.

Catalin Ciobanu, 36 anni, l’altro fuggitivo di Rebibbia, era atteso oggi a piazzale Clodio. Davanti al gup Costantino De Robbio era stato fissato il giudizio in abbreviato, sollecitato per lui dal legale, l’avvocato Andrea Palmiero. Ciobanu rispondeva di sequestro di persona con conseguente morte (per infarto) della vittima. Ma lui, a due giorni dal giudizio, prevedendo una condanna, ha preferito segare le sbarre e calarsi con le lenzuola portandosi dietro Florin, uno dei compagni di cella.

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