Unioni civili, l’Istituto Gramsci: «Il Family Day? Non è reazionario»

03/02/2016 di Redazione

Unioni civili, il Family Day? Definirlo «reazionario» è un errore, dice Giuseppe Vacca, filosofo marxista e direttore della Fondazione Istituto Gramsci, uno degli intellettuali di riferimento del Partito Democratico: così come è vero che la stepchild adoption pone un problema molto serio alla società e alla sinistra. Su questo, dice Vacca, la piazza del Family Day ha ragione, perché sarebbe vero che l’istituto della stepchild apre la strada all’utero in affitto.

E DALL’ISTITUTO GRAMSCI: «IL FAMILY DAY? NON È REAZIONARIO»

Sul Corriere della Sera Massimo Rebotti intervista Giuseppe Vacca.

Cosa pensa di chi dice che le piazze contro le unioni civili sono reazionarie ? 
«Definire il Family Day reazionario è assolutamente improprio. Su come regolare le questioni della vita non si può applicare la coppia progresso-reazione. Quella folla esprime un modo di vedere la famiglia che appartiene a una vasta parte della società italiana». 
Si sente equidistante? 
«No. Io penso che sia un bene che la legge sulle unioni civili passi. Ma si deve risolvere il nodo della stepchild adoption: trovo fondate le osservazioni di chi dice che può essere un modo surrettizio per introdurre la maternità surrogata, l’utero in affitto». 
Hanno quindi ragione i manifestanti del Family Day? 
«Sul punto sì, il problema c’è. Così come penso che non sia necessario declinare al plurale la famiglia, che è una. Detto questo, è necessario riconoscere le unioni civili». 

Secondo Vacca la sinistra che si impegna in maniera acritica in percorsi che parlano di “diritto alla maternità” rischia di assecondare una “emergenza antropologica” che arriva quasi al nichilismo: il che significa dimenticare i propri valori, l’analisi larga della società e i binari della propria lotta.

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A proposito di modernità: lei ha parlato di un’«emergenza antropologica». 
«È un’epoca in cui ci sentiamo sottoposti a varie minacce, il discrimine tra il naturale e l’artificiale si mescola, non ci sono solo “magnifiche sorti e progressive”. È una deriva per cui, come diceva la signora Thatcher, la società non esiste ma esistono solo gli individui». 
C’entra con le unioni civili? 
«Come si fa a dire, per esempio, che avere un figlio è un diritto? Come si può pensare di declinare tutto nella chiave della libertà individuale, come se ciò che accade prescindesse dal modo in cui si compongono le volontà e le coscienze dei gruppi umani?». 
Sbaglia la sinistra a fare dei diritti individuali il fulcro della sua azione politica? 
«Assolutamente sì. La sinistra subisce una deriva nichilista, in termini marxisti la definiremmo spontaneista». 
Cioè? 
«Non è più capace di grandi visioni sul mondo, dalle guerre ai conflitti economici. Assolve mediamente i suoi compiti nazionali, ma sui grandi scenari mostra un impoverimento culturale che genera analisi povere. Negli anni 70 laici e cattolici hanno fatto la più bella riforma del diritto di famiglia. E dopo? Di fronte a quello che cambia su questi temi, la sinistra non ha più niente da dire? Penso al referendum sulla fecondazione assistita quando tutto è stato ridotto a uno scontro tra fede e scienza. Insomma, il professor Veronesi è un grande medico, ma non è uno statista…». 

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