Tagli alle auto blu, come è andata a finire

02/02/2016 di Redazione

Tagli alle auto blu, come è andata a finire? Sembra, in effetti, abbastanza bene: la riforma che il presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi ha affidato alla titolare della Pubblica Amministrazione Marianna Madia sembra andato abbastanza bene: è diminuito di circa 40mila unità il totale delle auto blu in carico al governo italiano, ed è stata quasi ovunque rispettata la regola data da Renzi: massimo cinque auto blu a ministero.  Ci sono, però, alcune storture: ad esempio, il ministero delle Infrastrutture guidato da Graziano Delrio ha in carico da solo 115 vetture. In realtà, c’è ben poco di anomalo: tutto dipende da una vera e propria stortura legislativa risalente addirittura al Regno d’Italia che assegna l’intero parco automobilistico di varie personalità dello stato al dicastero di Porta Pia.

TAGLI ALLE AUTO BLU, È FINITA COSÌ

Andrea Bassi sul Messaggero ci spiega come il governo ha ridotto il parco auto.

Il lavoro è finito, ed è stato appena pubblicato sul sito del governo. Il giro di vite sembrerebbe aver funzionato. Nel loro complesso il numero delle auto di servizio a disposizione di tutte le amministrazioni, centrali e locali, sarebbe diminuito di oltre 40 mila unità, dalle 66.579 vetture del 2014, alle 22.415 della fine dello scorso anno. Un calo deciso, anche se il dato potrebbe scontare qualche imprecisione, perché diverse amministrazioni, soprattutto i Comuni, non hanno risposto al censimento. In queste cifre, tuttavia, sono comprese non soltanto le auto blu, ossia di grossa cilindrata e guidate generalmente da un autista, ma tutte quelle utilizzate per vari scopi dalle amministrazioni.

 

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Come dicevamo, nonostante la riforma, alcune storture rimangono: oltre al “caso” Infrastrutture anche il Viminale ha più auto blu di quelle che la “tagliola Renzi” permetterebbe.

A scorrere le tabelle del censimento effettuato dal ministero della funzione pubblica, saltano agli occhi alcune anomalie. La prima è quella del dicastero delle Infrastrutture, a cui risultano intestate ben 115 vetture. Un’enormità. La spiegazione va ricercata in uno di quei paradossi di cui è costellato l’ordinamento italiano. Ai vari tagli delle leggi inutili, è sfuggito un decreto luogotenenziale del 1944, con il quale Umberto di Savoia, principe di Piemonte, luogotenente del Regno, stabiliva che «il servizio automobilistico delle Amministrazioni centrali dello Stato, già affidato al Ministero della guerra, passa al Ministero delle comunicazioni». Un dicastero che dopo vari passaggi è finito dentro quello delle infrastrutture. In pratica a Graziano Delrio fanno capo le auto blu di una serie di personalità, dal procuratore generale della Corte di cassazione e Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, al presidente del Consiglio di Stato, al Presidente e Procuratore generale della Corte dei conti, all’Avvocato generale dello Stato, fino al segretario generale di Palazzo Chigi, ai suoi vice, ai capi di gabinetto dei ministeri. (…). Il Viminale dichiara di non avere nessuna auto blu. Lo può fare utilizzando una scappatoia delle norme, per cui le vetture assegnate a personalità sotto protezione non si conteggiano e non si conteggiano nemmeno quelle «per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica». Dal novero, insomma, sono state eliminate non solo le volanti della Polizia ma anche le auto usate dai prefetti o dai vertici del ministero. 

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