Schengen: «Il trattato sta per saltare»

25/01/2016 di Redazione

Il trattato di Schengen rischia di scricchiolare sotto il peso dell’emergenza migranti. I ventotto ministri degli interni dell’Unione Europea si sono incontrati ad Amsterdam per capire cosa fare dell’accordo di libera circolazione di persone e beni. La Commissione Europea sta pensando di creare un corpo europeo di guardie di frontiera con cui gestire i flussi migratrori in arrivo dal Mediterraneo. Il clima non è però dei migliori.

Schengen
IROZ GAIZKA/AFP/Getty Images)

SCHENGEN, L’AUSTRIA: «STA PER SALTARE»

Johanna Mickl-Leitner, ministro degli esteri austriaco, si è lasciata scappare senza mezzi termini un: «Schengen sta per saltare. Ciascuno è consapevole che l’esistenza dello spazio Schengen è in bilico, e che deve succedere qualcosa velocemente». Il ministro olandese alla sicurezza Klaas Dijkhoff ha aggiunto che gli stati hanno invitato «la Commissione Ue a preparare le procedure per l’attivazione dell’articolo 26 nell’ambito del codice Schengen» che prevede in caso di crisi prolungata l’estensione dei controlli alle frontiere interne di sei mesi in sei mesi fino a un massimo di due anni.

SCHENGEN, RE-INTRODOTTI I CONTROLLI DA PARTE DI GERMANIA, AUSTRIA E SVEZIA

Come ricorda Repubblica «di fronte all’allarme terrorismo, Germania, Austria e Svezia hanno già scelto di reintrodurre temporaneamente i controlli alle frontiere interne per arginare l’arrivo di richiedenti asilo nel loro territorio e chiedono ora di prolungarli». I ministri potranno inoltre discutere i problemi relativi alla ricollocazione dei richiedenti asilo: di 160.000 migranti in Italia e Grecia sono state “spostate” solo 331 persone. A proposito di Grecia, la Germania ha attaccato Atene invitandola a fare di più, come dimostrano le parole del ministro degli Esteri di Berlino De Mazière: «noi eserciteremo pressione sulla Grecia affinché faccia i suoi compiti».

SCHENGEN, GERMANIA CONTRO GRECIA

La Germania pone obiettivi chiari: «Vedremo a che risultati si arriverà nelle prossime settimane. Vogliamo mantenere Schengen. Vogliamo soluzioni comuni europee, ma il tempo stringe». La Grecia però non ci sta e chiede che la si finisca con «questo ingiusto gioco di accuse», parole di Yoannis Mouzalas, ministro per le Politiche migratorie: «Carenze e ritardi in molti casi non dipendono da Atene». La Grecia è stata inoltre difesa dal portavoce del governo comunitario, Natasha Bertaud, che a proposito di possibili isolamenti della Grecia dall’area di libera circolazione ha tagliato corto secca: «La sospensione di Schengen o l’esclusione di un Paese da Schengen sono due possibilità che non esistono».

SCHENGEN: L’ITALIA PUNTA A MANTENERE L’ACCORDO

 

Angelino Alfano a Amsterdam esclude a sua volta un isolamento della Grecia: «Sarebbe l’inizio dello sgretolamento” dell’Europa unita, mentre l’Italia è dell’idea che l’Europa debba rimanere ad assetto stabile, perché avere pezzi di Europa dentro e altri pezzi fuori. Noi abbiamo una posizione molto chiara su Schengen: bisogna rafforzare i controlli e rendere veramente sicuri i controlli alle frontiere esterne dell’Ue. Facendo questo, salveremo il diritto alla circolazione libera e sicura all’interno». Matteo Renzi nella sua E-News rilancia: «A tutti quelli che credono che per l’Italia la soluzione sia chiudere Schengen – ha aggiunto il ministro – al di là dei principi generali, dico: ma si rendono conto o no che non possiamo mettere il filo spinato nel mar Mediterraneo e nemmeno nell’Adriatico e il danno economico sarebbe enorme?».

 

SCHENGEN, INTERVIENE ANCHE LA CHIESA

Interviene nel dibattito anche il cardinale Angelo Bagnasco che chiede di non chiudere la porta ai migranti: «L’Europa non può procedere nella gestione della questione dei migranti rivedendo Schengen e la libera circolazione. Europa e l’Onu devono farsi carico della responsabilità di individuare e consolidare soluzioni che vadano alla radice di situazioni, che gettano un’ombra pesante sulla stessa civiltà. È necessario sollecitare una nuova politica migratoria in Europa, affinché i Paesi dell’Unione non si chiudano, limitando la libera circolazione e riducendo l’impegno condiviso dell’accoglienza».

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