Il vigile di Sanremo che timbrava il cartellino in mutande: «Io vittima, non merito la gogna»

Alberto Biancheri, sindaco di Sanremo ha annunciato il licenziamento di altri dipendenti assenteisti coinvolti nell’inchiesta “Stakanov” della Guardia di Finanza e della Procura di Imperia. Oggi Repubblica intervista il vigile filmato mentre timbrava in mutande.

«Il mio alloggio, dove vivo con la mia famiglia, il mio ufficio e la timbratrice sono nello stesso edificio. In tutta la mia carriera sono stato costretto a timbrare in slip in sei occasioni, tutte festive, quindi quando il mercato comunale è chiuso», ha spiegato al quotidiano. E sulla moglie e la figlia che timbravano per lui spiega:

«Lo confesso, sono stato superficiale. Ho sbagliato, ma vi assicuro che ero presente in servizio. In queste occasioni, poiché mi ero attardato a chiudere pratiche d’ufficio, ho chiesto a mia moglie o a mia figlia – che venivano a chiamarmi perché la pasta era in tavola – di timbrare al mio posto. Ma posso dimostrare di essere stato presente»

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Riporta l’intervista a cura di Giuseppe Filetto:

Lei, dunque, si ritiene un agnello sacrificale, colpito per quel fotogramma che ha fatto il giro del mondo?
«La verità è che quando ho timbrato in abiti succinti ero certo di non esporre né me, né l’Amministrazione ad un danno d’immagine, posto che in quei giorni e in quelle ore i locali erano chiusi a chiunque».
Adesso lei sostiene di pagare per tutti gli altri 43 indagati. Non esagera?
«Sono vittima di un errore giudiziario, sono finito dentro un ingranaggio più grande di me. Si, adesso pago io, ma non solo io. Lo ha scritto pure chi mi ha licenziato. Chiaro, il mio abbigliamento non era oggettivamente idoneo a mostrarsi pubblicamente. Ma non avevo intenzioni illecite . Dopo tutto, in quell’edificio io sono il custode, e quella è anche la casa in cui vivo. Vorrei sapere come sia stato possibile che le immagini dell’inchiesta siano giunte prima ai giornali e alle televisioni che ai miei avvocati».

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