Pietro Maso, parlano le sorelle: «una persona pericolosa ma non ci ha chiesto soldi»

23/01/2016 di Redazione

«Pietro Maso in questo momento è una persona pericolosa per tutti». Per questo motivo Nadia e Laura Maso, sorelle dell’uomo, hanno deciso di segnalare ai Carabinieri  «il suo stato di precarietà psicologica e comportamentale». I soldi? Non c’entrano nulla, anche perché la tentata estorsione non è ai loro danni. Lo spiega il legale delle due donne: Agostino Rigoli «per tale ragione e non perché abbia chiesto denaro direttamente a loro».

Pietro Maso
Le foto di Pietro Maso a spasso per Milano con la neomoglie Stefania pubblicate sul numero del settimanale “Chi” in edicola nel 2010 (ANSA)

PIETRO MASO, LA SUA STORIA E LA CONDANNA

 

Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera le due donne si sono affidate al legale che le ha assistite nel processo in Corte d’assiste per quanto accaduto nella notte tra il 16 e il 17 aprile 1991 quando Pietro Maso, all’epoca dei fatti 20 enne, uccise con l’aiuto di tre amici i genitori, Rosa e Antonio, per intascarne l’eredità. Pietro Maso venne condannato a 30 anni e due mesi di reclusione. Ne passerà in carcere 22 e oggi è nuovamente indagato a Verona per tentata estorsione, avvenuta non a danno delle due sorelle.

PIETRO MASO, L’AVVOCATO DELLE SORELLE: «NON HA CHIESTO SOLDI A LORO»

 

Per il procuratore Mario Giulio Schinaia «È una questione di schei (soldi, ndr) sempre quelli e le parti lese sono le sorelle». Le donne dicono che non c’entrano nulla in quanto il minacciato sarebbe un terzo uomo: Spiega l’avvocato Rigoli: «Pietro non ha chiesto soldi a loro, ma a un amico. Lo ha fatto più volte e in modo minaccioso, le sorelle lo hanno incontrato prima di Natale e lo hanno trovato in condizioni preoccupanti, tanto da farle temere per la propria e l’altrui incolumità. Il tamtam mediatico che sta esplodendo attorno a questa notizia nelle ultime ore? Era l’ultima cosa che desideravano, il loro intento era solo evitare che potesse commettere di nuovo qualcosa di irreparabile, che venisse fermato. Ma Pietro, alle sorelle, non ha chiesto soldi e non ha mai preteso la sua quota di eredità».

PIETRO MASO, IL LEGALE DELLE SORELLE: «NON SONO LORO LE PARTI LESE»

 

L’avvocato continua, rivolgendosi indirettamente a Giulio Schnaia: «Se i documenti che ha il procuratore sono gli stessi ho ragione io. Le parti lese non sono le sorelle. Anche questa volta con coraggio civico Laura e Nadia hanno voluto segnalare questa situazione. Ricordo che anche nel ‘91, quando i genitori vennero massacrati, furono proprio loro a mettere gli investigatori sulla strada giusta: vennero da me raccontando angosciate che la firma su un assegno incassato da Pietro non era della madre ma aveva la calligrafia del fratello. Poi se la procura ha altri documenti – conclude il legale – non lo posso sapere».

PIETRO MASO, ALFONSO SIGNORINI: «NON GLI ABBIAMO DATO UN EURO, SOPRATUTTO PER RAGIONI ETICHE»

Pietro Maso attualmente è segnalato tra la Spagna e Milano. A quanto pare si sarebbe separato dalla moglie e non risulta alle prese con un’attività che gli dia sostegno economico. A proposito di denaro, l’intervista esclusiva affidata dall’uomo a “Chi” ha fatto molto discutere, al punto da spingere il direttore Alfonso Signorini a intervenire nel dibattito smentendo come il suo giornale abbia pagato Pietro Maso: «Nego nel modo più assoluto che abbia ricevuto un solo euro di compenso da “Chi” o da Mondadori. Capita di pagare per notizie esclusive riguardanti una celebrità, ma smentisco che ciò sia avvenuto per Maso. Soprattutto per ragioni etiche».

PIETRO MASO «LE SORELLE MI HANNO PERDONATO? FACCIO FATICA IO A PERDONARMI…»

«È stato direttamente lui a chiamarmi al telefonino – continua Signorini -. Era appena passato Natale, stavo facendo jogging e mi ricordo bene quel momento. “Sono Pietro Maso”, mi ha detto. “E per la prima volta ho deciso di parlare di me”». E nell’intervista Pietro Maso disse: «Le sorelle mi hanno perdonato? Se uno avesse ucciso i miei genitori non gli avrei più parlato e non so come facciano loro, faccio fatica io a perdonarmi…». Relativamente alla comunità di recupero che avrebbe aperto a Valencia: «già trovato un terreno… A me servono pochi soldi per il mio progetto. Non voglio passare da baraccone non porto la mia persona in tv perché è pericoloso nei suoi confronti, è narcisista e potrebbe tornare quello di prima. Ho pensato tante volte di farla finita dopo l’orrore che ho commesso, ma se fossi morto non avrei avuto modo di pagare in vita il mio male».

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