Quarto, dall’offerta di ricandidatura alla riunione con i parlamentari: gli ultimi dieci giorni di Rosa Capuozzo

22/01/2016 di Donato De Sena

Le dimissioni del sindaco Rosa Capuozzo hanno immediatamente fatto saltare il tappo che teneva coperto il malessere di eletti e attivisti del Movimento 5 Stelle di Quarto. In Piazzale Europa, pochi minuti dopo l’annuncio del primo cittadino nell’aula consiliare stracolma di giornalisti, consiglieri e assessori non si sono sottratti al racconto degli ultimi tormentati giorni di riunioni segrete, tradimenti, accordi mancati.

QUARTO, IL DIKTAT DOPO L’INCONTRO DEL DIRETTORIO CON GRILLO E CASALEGGIO

La narrazione comincia da sabato 9 gennaio, quando il direttorio M5S si reca a Milano, negli uffici della Casaleggio Associati, per decidere insieme ai vertici la linea da seguire per uscire dall’impasse. Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio scelgono di percorrere la via del rigore, quella delle dimissioni. A Luigi Di Maio, Roberto Fico e Carlo Sibilia, gli esponenti che meglio conoscono la realtà flegrea (impegnati in prima persona nella campagna elettorale della Capuozzo), non resta che fare da portavoce e avvisare della decisione i diretti interessati. È il momento in cui si materializza la svolta nella linea dei leader campani del Movimento, che fino a quel momento avevano tentato di proteggere il primo cittadino dalla bufera mediatica. «L’inversione di tendenza (di Fico e di Di Maio, nda) – spiega oggi l’assessore agli affari legali e al personale Donatella Alessi, in giunta fin dall’inizio – si è verificata quando sono andati a parlare a Milano con Casaleggio e Grillo. Dopo la riunione hanno fatto una telefonata. Noi eravamo in Comune a lavorare. Ha chiamato Fico, ha parlato con il sindaco, ha detto che il direttorio aveva deciso. Il sindaco parlava a telefono e mi faceva segno con la mano… (il gesto di chi deve andare via, deve uscire, nda)». Il dado, a qual punto, è tratto. Ma solo a Milano. A Quarto la Capuozzo, che a dimettersi non ci pensa affatto, risponde a Fico con la richiesta di un faccia a faccia. L’incontro avviene il giorno seguente, prima della manifestazione in sostegno del sindaco, prevista per le 17. «Il giorno dopo – continua Alessi – c’è stato un incontro, lo ha chiesto Capuozzo. Era il giorno del flash mob. Sono venuti Fico, Di Maio e Sibilia. C’erano il sindaco e il vicesindaco, a casa di Carotenuto (Gianluca, consigliere comunale, nda). Loro hanno proposto di accompagnarla in piazza, per comunicare le dimissioni. Il video (quello in cui la Capuozzo annuncia di non dimettersi, nda) è stato fatto subito dopo, prima di andare al flash mob».

QUARTO, LA PROPOSTA DI RICANDIDATURA DI DI MAIO ALLA CAPUOZZO

Il 10 gennaio, insomma, viene confermato quello che a Quarto oggi tra gli ex 5 Stelle viene considerato un vero e proprio «tradimento», e che la Capuozzo davanti ai giornalisti preferisce invece chiamare più moderatamente «abbandono». Abbandono del sindaco e in parte anche dei principi del Movimento 5 Stelle. Già, perché, in spregio ad ogni teoria sull’«uno vale uno», Di Maio alla Capuozzo nell’incontro propone addirittura la ricandidatura sicura per la prossima tornata elettorale. «Hanno parlato tutti e tre, sia Luigi che Roberto che Carlo – ricorda oggi il vicesindaco Andrea Perotti -. Hanno proposto a Rosa di dare le dimissioni perché sarebbe stato giusto e di ricandidarsi alla prossima tornata come candidato sindaco del M5S». Una proposta inaccettabile per la Capuozzo. Ma anche imbarazzante per il direttorio. Il vicesindaco ammette che Di Maio e Fico sono apparsi «in difficoltà» in quel frangente: «Penso che tra tutti Roberto era quello molto più combattuto e poco deciso. In ogni caso da quel giorno non c’è stato più nessun contatto: loro hanno parlato in tv e con i giornali, ma non con noi». Anche Alessi conferma oggi che i membri del direttorio si sono trovati tra l’incudine e il martello, stretti nella morsa di un diktat milanese che si preoccupa del consenso e delle polemiche sulla stampa nazionale e di una base flegrea che crede ciecamente nella buona fede del sindaco, ma – dice – «avrebbero potuto almeno proporre una votazione».

QUARTO, I DEPUTATI ALLA RIUNIONE CON IL SINDACO ESPULSO

Il racconto arriva dunque al pomeriggio del flash mob. Dopo l’incontro, sul blog di Beppe Grillo viene annunciata l’espulsione della Capuozzo, che nelle stesse ore lancia su Facebook un videomessaggio in cui conferma l’intenzione di andare avanti. In Piazzale Europa, intanto, centinaia di attivisti M5S manifestano in sostegno del sindaco, che appena arriva tra la folla lancia una sfida: «Di Maio e Fico li aspetto qui per dire no alla camorra», ripete più volte. È una prova di forza e determinazione. Ad ascoltarla ci sono anche consiglieri regionali, consiglieri comunali di altri comuni campani, e perfino parlamentari, come Sergio Puglia, Luigi Gallo, Paola Nugnes: una partecipazione sufficientemente larga per sentirsi al sicuro. Un’iniezione di fiducia che probabilmente la Capuozzo riceverà anche qualche ora dopo, nel corso di una riunione a casa del consigliere Carotenuto. Durante l’incontro con il sindaco tutti i consiglieri di maggioranza di Quarto garantiscono il proprio appoggio. Ci sono anche un deputato e un senatore. «C’erano – ricordano Alessi e Carotenuto – anche consiglieri regionali (come Tommaso Malerba e Luigi Cirillo). Tutti erano dalla parte di Rosa. Erano venuti qua per sostenerla. C’erano una trentina di consiglieri comunali dei comuni campani. E pure i parlamentari Puglia e Gallo. È nata spontanea questa richiesta di vederci tutti insieme». E i parlamentari, che dicevano? «Puglia e Gallo hanno assistito al dibattito con i consiglieri, e hanno capito che non si può amministrare il territorio senza dare il supporto», ricorda Carotenuto.

QUARTO, L’USCITA (FATALE) DI 4 CONSIGLIERI

L’ostacolo sembra, a quel punto, superato. Ma servono meno di 24 ore per capire che la realtà è ben più diversa, e difficile. È dall’11 gennaio che cominicia il vero declino della maggioranza a 5 Stelle. Quel giorno dei 15 consiglieri comunali eletti nella lista del Movimento 5 Stelle e rimasti a sostegno del sindaco si dimettono il capogruppo Alessandro Nicolais e Lucia Imperatore (che solo una sera prima avevano garantito l’intenzione di andare avanti). Stesso copione la domenica e il lunedì successivi: il 17, riuniti ancora a casa di Carotenuto, i 13 consiglieri di maggioranza garantiscono fedeltà al progetto. Il 18 lasciano Raffaele D’Alise e Stefania Ganino. Gli addii salgono complessivamente a 7. Capuozzo (nonostante l’ingresso di alcuni tra i non eletti) non regge più. Il cammino del primo sindaco 5 Stelle della Campania porta alla resa definitiva. Con tanta amarezza. Per la linea imposta dall’alto e per le defezioni interne. «Penso che le persone quando danno una parola la debbano mantenere. I primi due non hanno parlato, i secondi due non hanno detto nulla», dice Alessi parlando dei dimissionari.

QUARTO, GLI ATTIVISTI DELUSI

Il «tradimento» (o «abbandono») dunque – tornando al discorso iniziale – è su due livelli: nazionale e locale. Ma la storia della giunta 5 Stelle a Quarto sembra essere non solo storia di scontri su una specifica questione politica, ma anche di limiti di un’organizzazione che insegue l’utopia della democrazia diretta trasformandosi in una sorta di oligarchia. È questo il ragionamento più ampio che ripete Carotenuto, uno degli attivisti storici del Movimento nell’area flegrea (già impegnato con i gruppi Amici di Beppe Grillo, prima ancora dei Meet Up, dal 2005). «Facevo le riunioni con Fico quando ancora non aveva i capelli bianchi», dice. Poi spiega: «Qui viviamo nella realtà, non nei film. Questa idea linea del Movimento 5 Stelle poteva essere la sceneggiatura per un film, ma amministrare un comune non è la stessa cosa che girare un film. La fine del M5S è cominciata quando loro (i big del Movimento, nda) sono entrati in televisione. L”uno vale uno’ è iniziato a non valere da quel momento. Non è un caso se i giornalisti vanno da Di Maio a dire ‘Stiamo parlando con il candidato premier del M5S’, perché Di Maio è quello che ha avuto più consensi, più audience. Ma questa politica l’ha già fatta Berlusconi». Il consigliere è insomma «incazzato» per «l’ordine arrivato da Milano» e ritiene che il caso Quarto sia un caso esemplare, emblematico, che senza un’inversione di rotta prima o poi si verificherà di nuovo, da qualche altra parte. «Fare il talebano del Movimento 5 Stelle, l’attivista da tastiera, è facile. È questo uno dei problemi del Movimento. Se segui la politica da casa non vai da nessuna parte, non c’è proprio il contatto con i problemi del territorio, non sai come funziona il comune. Ma chi vive dei proclami dei vari di Battista e Di Maio, che fa? Politica? Per come la vedo io, no». Ma a Quarto la politica (quella buona) serve. Altrimenti «questo paese tornerà nell’oblio più totale».

(Foto di copertina: ANSA / CESARE ABBATE)

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