Caso Macchi, Stefano Binda nega tutto: «Non l’ho uccisa, le volevo bene»

17/01/2016 di Redazione

Dopo 29 anni il caso della morte di Lidia Macchi sembra aver trovato una svolta dopo l’arresto dell’ex compagno di Classe Stefano Binda, accusato di averla stuprata e uccisa. A “incatrarlo” una lettera anonima mostrata in tv. Oggi sul Corriere la difesa dell’uomo, che si dice innocente e lo fa sapere attraverso il suo avvocato.

Ha parlato in carcere con l’avvocato Sergio Martelli. «Non sono stato io ad ammazzarla, non sono io la persona che ha scritto la lettera anonima inviata ai genitori il giorno dei funerali». Il legale non ha avuto bisogno di ulteriori frasi: «Gli credo».

Il rapporto fra la Macchi e Binda, secondo il Corriere, era molto profondo: lui ne era addirittura innamorato. E difatti lui alla polizia continua a ripetere «le volevo bene, non avrei mai potuto farle del male. Mai».

Intanto le indagini proseguono:

 Certo però rimane il pesantissimo passato di tossicodipendenza, con l’eroina dalla quale non è mai riuscito ad allontanarsi, neanche con i ritiri in comunità. E ugualmente rimane, a parte l’impegno a Brebbia, tremila abitanti in provincia di Varese, nell’associazione culturale «Magre sponde», un’esistenza solitaria, senza un lavoro, senza soldi se non quelli della mamma Maria o della sorella Patrizia, che lo hanno sempre mantenuto e gli hanno pagato le sigarette e i cicchetti al bar.

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