Ignazio Marino e Gianni Alemanno nel registro degli indagati per abuso d’ufficio

Ignazio Marino e Gianni Alemanno sono indagati, insieme ad altri 58 fra politici ed esponenti dell’amministrazione, per abuso di ufficio nell’ambito di un’inchiesta sulle nomine al Comune di Roma: si tratta della terza inchiesta che potrebbe sconvolgere il Campidoglio, dopo Mafia Capitale e lo scontrini-gate sulle spese di Ignazio Marino che ha innescato, fra le altre cose, anche il collasso della precedente giunta. I pubblici ministeri stanno cercando di capire se le assunzioni di dirigenti con procedura diretta e senza gara possano integrare un’ipotesi di reato: l’inchiesta è già partita e, scrive il Messaggero nella Cronaca di Roma, le forze dell’ordine stanno procedendo alle elezioni di domicilio per tutte le persone interessate. Un filone d’indagine, dunque, che riprende alcuni fili lasciati sciolti da Mafia Capitale e ne mette a sistema altri, nel tentativo di ricostruire, ancora una volta, il vero modo di operare degli uffici del Campidoglio.

IGNAZIO MARINO E GIANNI ALEMANNO INDAGATI PER ABUSO DI UFFICIO

Fra i nomi coinvolti nell’inchiesta, anche cognomi eccellenti delle precedenti amministrazioni.

Gli ex sindaci Gianni Alemanno e Ignazio Marino sono stati iscritti sul registro degli indagati per abuso d’ufficio, insieme ad altre 58 persone tra funzionari e dirigenti e politici, alcuni ancora in carica. Sono accusati di aver violato il testo unico degli enti locali: avrebbero assunto figure professionali esterne senza concorso e senza procedura pubblica. Per chiamata diretta, quindi, evitando di considerare i 23mila dipendenti già in servizio presso il Comune. A occuparsi dell’inchiesta è il pm Francesco Dall’Olio. In dicembre il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza ha depositato al magistrato un’informativa in cui, oltre all’abuso d’ufficio, si ipotizza anche il reato di truffa. Nel documento spunta pure il nome di Liborio Iudicello, ex segretario generale di entrambe le giunte, che ha lasciato l’incarico in luglio dopo le polemiche sollevate dalla relazione del prefetto Franco Gabrielli su “Mafia Capitale”. In questi giorni i militari stanno convocando politici e funzionari per procedere all’elezione di domicilio. Qualcuno, nei mesi scorsi, è stato ascoltato come persona informata sui fatti. Tra gli indagati ci sarebbero anche alcuni soggetti che comparivano nella lista dei 21 dipendenti comunali su cui Gabrielli aveva ordinato verifiche disciplinari, per presunti contatti con Salvatore Buzzi, imputato nel maxi processo “Mafia Capitale”. Il Campidoglio, dopo aver effettuato gli accertamenti, ha recentemente archiviato il procedimento a carico di tutti i funzionari, tranne uno.

 

Le indagini si riferiscono al periodo 2008 – 2015, e si riferiscono a decine e decine di nomine arrivate in Campidoglio.

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Va specificato che non è detto che in tutte le nomine in questione sia ravvisabile un profilo di reato. E’ infatti lecito procedere ad assunzioni per chiamata diretta in alcuni uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, della giunta o degli assessori. Il problema consiste nel fatto che il Campidoglio, per non gravare sulle casse pubbliche, prima di assumere personale dall’esterno avrebbe dovuto effettuare una verifica interna per accertarsi che nella struttura non ci fossero lavoratori con le carte in regola per ricoprire le postazioni aperte. Nella documentazione acquisita dagli inquirenti, a quanto sembra, mancherebbero proprio i documenti relativi a questo controllo. La svista, imputabile prima alla giunta Alemanno, si sarebbe poi ripetuta anche quando al Campidoglio si era insediato il chirurgo dem, e potrebbe configurare, oltre che un danno erariale, anche l’ipotesi di abuso d’ufficio. Per quanto riguarda la presunta truffa, invece, l’inghippo sarebbe da ricercare tra le righe dei curriculum e delle autocertificazione presentate da chi ha ottenuto il lavoro. Il sospetto degli investigatori è che qualcuno sia stato scelto sulla base di titoli non veritieri. Un’altra irregolarità ipotizzata è che alcuni dirigenti assunti con l’articolo 110, invece di ricevere potere di firma o la responsabilità operativa di un ufficio, come previsto dalla normativa, avrebbero invece riempito lo staff di sindaco e assessori.

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