L’ultimo Stato dell’Unione di Barack Obama: Papa Francesco ci insegna il rispetto

Barack Obama conclude il suo mandato alla Casa Bianca, otto anni lunghissimi che hanno plasmato gli Stati Uniti d’America del futuro: quello di questa notte, ora italiana, è stato l’ultimo discorso sullo Stato dell’Unione del primo presidente degli Stati Uniti nero. Un lascito di fine mandato in cui vengono rivendicati molti successi e c’è spazio anche per qualche ammissione di colpa, anche se l’ex senatore dell’Illinois è convinto di lasciare un’America migliore di quella che ha trovato. “Tutti coloro che parlano di declino economico dell’America vivono in una fiction”, scandisce il presidente, alludendo alle critiche di alcuni esponenti repubblicani in campagna elettorale per le primarie che parlano di una nuova recessione: il presidente ha dalla sua i 14 milioni di posti di lavoro creati e un’economia americana che è tornata a girare.

BARACK OBAMA: «CHI PARLA DI RECESSIONE VENDE FICTION»

Da Washington, dal Congresso, le parole del presidente degli Stati Uniti risuonano in tutto il pianeta.

Gli Stati Uniti d’America, oggi, hanno la più forte e più durevole economia al mondo. Siamo nel mezzo della più lunga fase di creazione di posti di lavoro privati nella storia. Oltre 14 milioni di posti di lavoro creati dagli anni 90, un tasso di disoccupazione dimezzato. La nostra industria automobilistica ha avuto il miglior anno di sempre. E’ solo una parte di un decollo manifatturiero che ha creato circa 900mila posti di lavoro negli ultimi sei anni. E abbiamo fatto tutto questo tagliando il debito di almeno tre quarti.

BARACK OBAMA: «SIAMO LA PIÙ GRANDE POTENZA DEL MONDO ». E CITA PAPA FRANCESCO

E d’altronde, oltre ad essere una potenza economica di rilievo, gli Stati Uniti sono e rimangono una grande potenza globale, nonostante ci sia chi dice – Donald Trump su tutti – che lo splendore americano sia in declino.

Dicevamo prima che chi parla del declino economico fa chiacchiera politica. Vale anche per tutta la retorica che sentiamo riguardo i nostri nemici che diventerebbero più forti e gli Usa che diventerebbero più deboli. Lasciate che vi dica qualcosa: gli Stati Uniti sono la più forte nazione sulla Terra. Punto. Punto. Davvero, non ha nessun senso. Spendiamo per il comparto militare più delle successive otto nazioni messe insieme e i nostri soldati sono la migliore forza di combattimento nella storia del mondo.

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Il che non significa, dice Obama, che si possa indiscriminatamente ululare contro improvvisati nemici, identificando come avversario un esteso culto religioso, o che si possa prendere ad esempio il peggio degli avversari dell’America. Su questo, Obama si rifà ad una voce d’eccezione: Papa Francesco, nella sua “storica” visita al Congresso.

Il mondo ci rispetta non solo per il nostro arsenale, ci rispetta per la nostra diversità e la nostra apertura e per il modo in cui rispettiamo ogni fede. Sua santità, Papa Francesco, ha detto a questo organo proprio da questo podio da cui parlo oggi che “imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il miglior modo per prendere il loro posto”. Quando i politici insultano i mussulmani, all’estero, o nostri cittadini, quando si vandalizza una moschea, o un bambino viene preso in giro, questo non ci rende più al sicuro. Ci diminuisce agli occhi del mondo.

Rimanendo sulla politica estera, e sui suoi rapporti con Papa Francesco è altrettanto importante il passaggio sulla situazione dell’America Latina: Barack Obama esorta il Congresso a “rimuovere l’embargo” verso l’isola caraibica.

Cinquant’anni di isolamento di Cuba hanno fallito nella promozione della democrazia e hanno peggiorato la nostra situazione in America Latina. Ecco perché abbiamo restaurato le relazioni diplomatiche, abbiamo aperto le porte ai viaggi e al commercio, ci siamo messi nelle condizioni di migliorare la vita dei cubani. Perciò, se volete consolidare la nostra leadership e la credibilità nell’emisfero, riconosciamo che la Guerra Fredda è finita. Togliamo l’embargo. (…) Questa è la forza americana. Questa è la leadership americana. E questo tipo di leadership dipende dalla forza del nostro esempio. Ecco perché continuo a lavorare per chiudere la prigione di Guantanamo. E’ costosa. Non è necessaria, e ci serve solo come brochure di reclutamento per i nostri nemici.

IL RIMPIANTO DI BARACK OBAMA

Eppure, c’è qualcosa che al Presidente dispiace: ovvero l’idea di lasciare un’America più immersa nella cosiddetta “partisan politics”, divisa nel conflitto politico fra Repubblicani e Democratici. Per Obama questo è “il principale rimpianto”.

Più di tutto, la democrazia si distrugge quando l’uomo medio sente che la propria voce non è ascoltata, che il sistema è orientato in favore dei ricchi o dei potenti o di qualche interesse particolare. Troppi americani si sentono così ora. E’ uno dei principali rimpianti della mia presidenza – che il rancore e il sospetto fra i partiti è peggiorato invece che migliorato. Non ho dubbi che un presidente con i doni di Lincoln o di Roosvelt potrebbe aver colmato meglio questo vuoto, e garantisco che continuerò a provare ad essere migliore fino a che rimarrò allo Studio Ovale.

 

(Photocredit copertina: Evan Vucci – Pool/Getty Images)

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