Unioni civili, rischio conta sulle adozioni. Ma (sulla carta) i numeri ci sono

12/01/2016 di Alberto Sofia

Senza un compromesso, sarà una conta nell’Aula di Palazzo Madama. Una battaglia a colpi di emendamenti sulle Unioni civili, tra le ombre del voto segreto. E l’incognita sul destino delle adozioni, sulle quali Renzi lascerà libertà di coscienza. Incassato il via libera della Camera sulle riforme costituzionali, con il premier che guarda già al referendum confermativo di ottobre al di là degli ultimi due passaggi rimasti, resta il provvedimento sui diritti delle coppie Lgbt a creare tensioni nella maggioranza e nello stesso Partito democratico.

Perché sul nodo della stepchild adoptionl’adozione del figlio del partner, un accordo non c’è ancora tra le forze del governo. Né è stata raggiunta una sintesi al Nazareno, di fronte alle resistenze di 25-30 senatori cattolici Pd, con Stefano Lepri in testa. In realtà, nessuno o quasi arriverebbe fino a votare contro il provvedimento sulle Unioni civili. Ma l’obiettivo dell’area cattodem resta quello di sostituire la norma contestata con un affido rafforzato. Un’ipotesi che non convince però i vertici del partito, per i dubbi sulla sua costituzionalità. Così come non convincono le altre possibili mediazioni con l’area cattolica del partito e con i centristi più dialoganti di Area popolare (Ncd-Udc) e Scdalla possibilità di limitare la stepchild ai soli figli già nati (si finirebbe per creare una disparità, con possibili bocciature della Consulta, ndr) all’ulteriore richiamo alla legge 40 e al divieto alla gestazione per altri. Ovvero, a quell'”utero in affitto” sbandierato come uno spauracchio dagli alfaniani. Come dalle destre e da chi vuol affossare il ddl Cirinnà.

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UNIONI CIVILI, CONTA SULLA STEPCHILD ADOPTION: I NUMERI CI SONO, MA NEL VOTO SEGRETO…

Anche se Renzi ha difeso pubblicamente l’articolo 5 sulle adozioni, per il premier la priorità sarà portare finalmente a casa la legge. Non è un caso che sul punto contestato abbia evitato forzature. Nessuna imposizione, sarà il Parlamento a decidere, numeri alla mano. Certo, si tenterà fino all’ultimo una mediazione che possa evitare frammentazioni interne e fibrillazioni con il partito di Alfano. Altrimenti, resterà la strada delle “maggioranze variabili“, con la formula Pd-M5S-Sinistra italiana-Sel (oltre a pezzi di Fi e della stessa Ap) che, almeno sulla carta, blinderà i numeri pure della stepchild adoption.

Certo, in casa dem è una prospettiva che lascia non poche incognite e dubbi. Non tanto per ipotetiche e remote ripercussioni sul futuro del governo, ombre allontanate sia da Ncd che dai vertici dem. Quanto perché nel Pd non tutti si fidano dei voti a scrutinio segreto, oltre che del comportamento dei pentastellati: «Siete sicuri che vorranno farci questo regalo? Non capisco perché dovrebbero aiutare Renzi…», c’è chi attacca dalla Camera, tra i sostenitori del premier. L’esatto contrario di quanto aveva spiegato la relatrice del testo, la senatrice Monica Cirinnà, che aveva spiegato di fidarsi «al 100%» dei pentastellati, ricordando come avessero «contribuito attivamente alla formulazione del testo». 

Se c’è una certezza, però, è che sull’approvazione della legge per Renzi non siano ammesse altre frenate. Non è un caso che i vertici del partito abbiano rigettato l’ipotesi di un ritorno in commissione, richiesto da Sacconi e Nico D’Ascola (Ncd). «Abbiamo la responsabilità di trovare un’intesa ampia, a fronte però dell’impegno chiaro di arrivare a una legge dopo anni di attesa. Affido rafforzato? Vedremo, si sta discutendo. Andremo in Aula, il dibattito parlamentare è iniziato da poco», ha nicchiato a Giornalettismo il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini. La data fissata per l’approdo a Palazzo Madama resta (almeno per ora) quella del 26 gennaio. Anche se c’è chi ha evocato il pericolo di un nuovo slittamento in calendario, per la volontà del governo di votare subito l’ultimo passaggio del ddl Boschi al Senato. Eppure in casa dem c’è chi ha rilanciato come le due questioni non debbano per forza sovrapporsi: «C’è spazio per chiudere subito la prossima settimana sulle riforme». Perché, si ricorda, l’ultimo passaggio sarà breve: si voterà “” o “no”, senza possibilità di modifiche. Tradotto, la data del 26 per le Unioni civili può essere rispettata. E il premier può riuscire laddove avevano fallito sia Romano Prodi che altri suoi predecessori, con i vari Dico, Pax, Didore & Co. Tutti tentativi naufragati, al di là degli annunci.

Ma non solo. Il traguardo per Renzi va portato a casa prima dell’insidiosa tornata di amministrative delle elezioni 2016. Come un vessillo da sbandierare per recuperare l’elettorato di sinistra, dopo le polemiche sulle ombre del Partito della Nazione e sulle alleanze alle Comunali, con le aperture verso destra. Certo, c’è la consapevolezza che sul nodo delle adozioni sarà una battaglia di numeri. Ma dal Pd insistono: «Sono convinta che verrà approvato il provvedimento con la stepchild adoption», ha rivendicato la deputata Alessia Morani. Non è l’unica a sbandierare ottimismo, sia dal fronte renziano che dalla minoranza. Tra i critici, invece, è il cattolico Giuseppe Fioroni a ritenere insufficiente anche l’alternativa dell’affido rafforzato. «Poco meglio, in generale sulle adozioni bisognerebbe fermarsi. E sarebbe stato utile provare a introdurre un referendum d’indirizzo nell’ordinamento per capire l’orientamento dei cittadini», ha spiegato a Giornalettismo. Ma in casa Pd è la fiducia a prevalere in vista dell’arrivo del testo in Aula al Senato. Anche perché, c’è chi si dice certo: «Qui alla Camera non ci saranno problemi. Ma anche in Senato abbiamo i numeri. E pure parte di Ncd finirà per votare a favore, al di là dei toni retorici sui media».

UNIONI CIVILI, LE “SFUMATURE” DEGLI ALFANIANI E IL SOSTEGNO DEI VERDINIANI. ANCHE FORZA ITALIA DIVISA

L’obiettivo dei pontieri renziani, oltre a trovare la sintesi nel partito, resta infatti quello di garantirsi il sostegno dell’ala più laica dell’alleato di destra del governo. Tanto che c’è chi provoca: «Alfano? Vorrà il voto segreto per coprire la distanza tra le sue parole e il voto del partito». Dentro Ncd, infatti, c’è chi preferisce trattare. Alla Camera, in particolare, la componente più filorenziana e governativa non vuole far mancare il suo sostegno: «Il referendum evocato da Alfano? Un errore, basta con queste battaglie ideologiche, c’è bisogno di una legge sui diritti Lgbt. Certo, ho dubbi sulle adozioni. Ma certi toni sono esagerati», spiega una fonte che preferisce restare anonima. E già anche Fabrizio Cicchitto aveva invitato a ragionare sull’affido rafforzato. Certo, al Senato la truppa è più conservatrice che a Montecitorio. Ma anche a Palazzo Madama c’è chi come Laura Bianconi ha già chiarito come sia necessario ragionare sulle possibili “alternative” alla stepchild. Come ha già chiarito Schifani, altro trattativista, sarà alla fine una riunione dei gruppi a sancire la linea. Ma, a microfoni spenti, c’è chi ammette di temere ripercussioni in caso di atteggiamento oltranzista di chiusura. Anche perché, spiegano, «a scrutinio segreto il sostegno a Renzi di Denis Verdini e degli altri 16 senatori di Ala non mancherà», azzarda un senatore.

Non è un mistero che l’ex sodale del Cav intenda blindare i numeri del premier ed evitare ombre sul futuro dell’esecutivo. E, dentro il suo gruppo salvagente, c’è anche chi guarda con interesse al rinnovo delle presidenze delle commissioni al Senato, già in calendario per il 20 gennaio. O chi, semplicemente, spera di recuperare posizioni nelle gerarchie di “affidabilità” rispetto alla truppa alfaniana.

Ma non solo: i pontieri renziani puntano anche a ottenere voti in casa Forza Italia per blindare le Unioni civili. Questo perché, al di là delle posizioni di chiusura di senatori come Maurizio Gasparri e Lucio Malan, nel gruppo azzurro c’è chi vuol votare le Unioni civili. «Alla Camera il gruppo è diviso, 50% favorevoli, 50% contrari. Al Senato prevalgono i “no”», confermato fonti azzurre. Altri dissidenti accusano da Montecitorio: «Berlusconi ha parlato di libertà di coscienza, ma è assurdo non avere una linea d’orientamento. Né sulle Unioni civili, né sull’Ilva, né alcuna certezza sulle amministrative. Di fatto, è come se il partito non esistesse». Le posizioni sul Ddl Cirinnà sono differenti nel partito del Cav, che riunirà i gruppi parlamentari la prossima settimana per cercare una sintesi complicata. Non è un mistero però che l’area dialogante azzurra abbia come referente Mara Carfagna, che ha già invitato il partito a evitare «prove muscolari e strumentalizzazioni ideologiche». E a Montecitorio la stessa Stefania Prestigiacomo ha rivendicato libertà di coscienza. Senza dimenticare Michela Vittoria Brambilla, la deputata ed ex ministra del turismo che aveva già scatenato le polemiche interne quando si era detta pronta a votare pure le adozioni, attribuendo pure al Cav la sua posizione. C’è poi chi, come Maria Stella Gelmini, ha spiegato a Giornalettismo di non condividere il ddl Cirinnà: «Questo è un tema che interroga le coscienze di ogni singolo parlamentare. Io voterò no perché sono favorevole ai diritti delle coppie omosessuali, ma non all’omologazione con il matrimonio e alla stepchild adoption». Linea simile a quella della deputata Anna Grazia Calabria, «contraria alle adozioni e reversibilità». «Siamo liberali, non vanno imposte scelte d’alto», ribattono però altri da Fi.

Il nocciolo duro dell’opposizione azzurra alle Unioni civili sarà a Palazzo Madama, ma anche tra i 41 senatori azzurri in casa renziana confidano di racimolare voti. E al Senato a guidare la truppa dei dialoganti sarà Anna Maria Bernini (nome evocato, con Carfagna, per la possibile sostituzione di Romani e Brunetta ai vertici dei gruppi).

I NUMERI SULLE ADOZIONI AL SENATO: SULLA “CARTA” ANCHE LA STEPCHILD ADOPTION PUÒ VENIRE APPROVATA

Fino all’approdo in Aula, le trattative continueranno, in ogni partito. E mercoledì si riunirà per l’ultima volta anche il “comitato bicamerale dem” (5 senatori e 5 deputati di diverso orientamento) presieduto da Micaela Campana per trovare una sintesi con l’area cattolica. Certo, i pontieri renziani da settimane stanno cercando di capire se ci saranno i numeri per portare a casa pure le adozioni a Palazzo Madama, oltre che le Unioni Civili. E i numeri sembrano dare ragione agli ottimisti. Se si andrà alla conta, pallottoliere alla mano, Renzi è convinto di poter contare almeno su circa 90 dei 112 senatori dem. A questi voti vanno aggiunti quelli dei verdiniani di Ala (17 o poco meno, soprattutto se saranno decisivi) e quelli del gruppo di Per le Autonomie-Maie-Socialisti (20). Qualche voto potrebbe arrivare anche da Gal (dove c’è anche la componente dei Verdi), così come dai Conservatori e Riformisti di Fitto (10). E se tra i senatori di Forza Italia (41) e Area Popolare (31) Renzi punta a incassare un’altra decina-quindicina di voti, il sostegno più imponente arriverebbe grazie allo schema delle maggioranze variabili, con i 36 voti del Movimento 5 Stelle e i 27 del Misto (dove c’è anche la forte componente di Sel-Si, oltre a molti ex M5S). Tradotto, sulla carta i numeri ci sono anche per approvare la stepchild adoption. Con una forchetta potenziale tra i 170 e gli oltre 200 voti. Certo, vanno considerate anche le assenze. E soprattutto le incognite del voto segreto. Sarà lì che, non è una novità, potrebbero nascondersi dissenso, veti incrociati e vendette interne. L’ultimo scoglio sulla strada dei diritti.

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