Banca Etruria, tutti i “guai” della famiglia Boschi

11/01/2016 di Redazione

La procura di Arezzo sta per annunciare le prime decisioni nei confronti dei manager di Banca Etruria, ritenuti responsabili di una cattiva gestione dell’istituto di credito. E la famiglia della ministra per le Riforme Maria Elena Boschi rischia di finire nuovamente al centro di una bufera. Lo spiega oggi Repubblica in un lungo articolo a firma Fabio Tonacci che elenca i guai del padre dell’esponente del governo, ex vicepresidente della Popolare aretina, di suo fratello Emanuele, entrato in Etruria nel 2007, e della stessa ministra, ovviamente esposta a critiche e polemiche.

 

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BANCA ETRURIA, LE MOSSE SBAGLIATE DI PIER LUIGI BOSCHI

Per quanto concerne Pier Luigi Boschi, papà di Maria Elena, nel cda di Etruria dal 2011, i guai sono relativi in particolare alla relazione degli ispettori di Bankitalia redatta a fine 2013 dopo 9 mesi di lavoro nella sede centrale di Arezzo. Ricostruisce Tonacci su Repubblica:

A lui gli vengono contestate «violazioni sulla governance », «carenze nell’organizzazione e nei controlli interni», «carenze nel controllo della gestione del credito», «omesse e inesatte segnalazioni all’organo di vigilanza». Sono quattro censure di tipo amministrativo senza alcun rilievo penale ma che gli costano 144.000 euro di multa.

Gli ispettori scoprono, in particolare, che i conti reali della banca non coincidono con quelli raccontati dai dirigenti:

Scrive il capo del team di vigilanza Emanuele Gatti: «Al 31 dicembre del 2012 sono emerse posizioni in sofferenza per 1.2 miliardi di euro, incagli per 933,8 milioni e previsioni di perdita per 931 milioni. Le differenze rispetto alle evidenze aziendali sono pari, nell’ordine, a 187,4 milioni, 85,5 milioni e 136,7 milioni». Tradotto: c’è uno scarto di 410 milioni di euro. La relazione finisce al procuratore Roberto Rossi che apre due inchieste, per false fatture e per ostacolo alla vigilanza sull’operazione di vendita immobiliare “Palazzo delle Fonti”. I rinvii a giudizio per quattro ex manager, tra cui Fornasari, sono quasi pronti. Sul registro degli indagati il nome di Pierluigi Boschi non c’è mai finito, perché una consulenza tecnica richiesta dal pm ha smontato l’ipotesi di reato di falso in bilancio, che — quella sì — avrebbe potuto coinvolgere anche altri membri del cda.

Ma non solo. Nel maggio 2014, su sollecitazione della Banca d’Italia, vengono sostituiti 8 consiglieri di amministrazione su 15, e Pier Luigi Boschi diventa vicepresidente senza delega. Anche in questo periodo le anomalie non mancano:

Ma per gli ispettori di Bankitalia che tornano ad Arezzo tra il dicembre 2014 e il febbraio 2015 c’è qualcosa che non va: «L’assenza di qualsiasi verbalizzazione delle attività svolte da tale ‘commissione’ ha concorso a rendere poco trasparente il processo decisionale». E a proposito del cda: «Il consesso ha per lo più ratificato scelte e decisioni assunte in altre sedi». La mancanza di trasparenza è una delle 12 censure di Bankitalia che pendono sulla testa di Boschi senior. Potrebbero assumere un qualche rilievo penale solo se il Tribunale fallimentare decretasse lo stato di insolvenza (l’udienza è prevista entro febbraio) e la procura, sulla base di questo, vi ravvisasse anche gli estremi della bancarotta fraudolenta. Ma non siamo a questo punto. Tra le censure per Boschi (in concorso con altri) «l’assenza di interventi idonei a ristabilire l’equilibrio reddituale del gruppo», il premio sociale da 2,1 milioni ai dipendenti, le anomalie in alcune operazioni immobiliari, «le fideiussioni rilasciate dai garanti prive di efficacia», e la spesa in consulenze salita a 15 milioni di euro nel biennio 2013-2014.

BANCA ETRURIA, IL RUOLO DI EMANUELE BOSCHI

Poi, Emanuele: il suo ruolo e i suoi rapporti con esponenti Pd. Racconta ancora Tonacci su Repubblica:

È entrato all’Etruria nel 2007, quando ancora il padre non sedeva nel cda. È stato a lungo funzionario addetto al servizio sul contenimento delle spese, uno di quegli uffici che — appunto — doveva lanciare gli allarmi rossi. Ad aprile ha lasciato la Popolare e, scrive il quotidiano Libero, è andato a lavorare nell’ufficio di Luciano Nataloni (ex cda, indagato nel filone di inchiesta sul conflitto di interessi). Poi lo scorso giugno è diventato presidente di Mantellate Nove, società che si occupa di servizi legali fondata da quattro soci tra cui il parlamentare Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd e amico di Maria Elena Boschi.

(Foto di copertina: ANSA / ANGELO CARCONI)

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