Biblioteca Fabrizio Giovenale: una battaglia che non possiamo perdere

“Ci vediamo alla Giovenale”. Una frase che ho detto spesso. Magari per organizzare un pomeriggio di studio da chiudere, la sera, con una partita a calcetto, perché nella zona di Viale Kant di campi ce ne sono parecchi.

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E io al detto mens sana in corpore sano ci ho sempre creduto. Anche se non lo dimostro.
Ecco perché quando ho scoperto che quel luogo, quel presidio culturale ma anche generazionale, quel centro di crescita consapevole, quel punto d’incontro e confronto stava per chiudere, semplicemente, mi sono sentito come se mi stessero mutilando. Nessuna retorica, anzi, piuttosto egoismo. Se non l’avessi vissuta, la Biblioteca Fabrizio Giovenale, forse ora sarei indifferente al suo destino. E allora mi sono chiesto: perché è così importante per me? Per quell’incontro con Ken Loach? Per le persone che ho incontrato, per gli esami che ci ho preparato, per i libri che ci ho letto, per l’archivio ambientalista?

Sì, ma non solo.

Ho speso la mia vita a Roma, tra II, III e IV municipio. Pochi chilometri dove trovi un’estrema destra aggressiva come dei centri sociali, una Roma fuori dalle mura che è una periferia popolosa e accogliente. E ho visto chiudere cinema, trasformare piazze che erano agorà in semplici stazioni di scambio, ho visto arrivare i bingo. E non ho neanche 40 anni.
Un centro commerciale ha vampirizzato, da lontano ma non troppo, l’identità di ciò che era al di là del Ponte delle Valli. E oltre quelle colonne d’Ercole, in cui resiste l’unico luna park rimasto a Roma, la Giovenale era, anzi è, l’unico luogo per noi in cui crescere, davvero. Non è un caso che lo spazio autogestito di Casale Alba 2, gli orti urbani, il Centro di Cultura Ecologica, il bellissimo Parco dell’Aguzzano e quella grande Biblioteca siano a due passi l’uno dall’altro. In una zona di Roma che si inaridiva, lì il terreno è fertile, in tutti i sensi.

BIBLIOTECA FABRIZIO GIOVENALE, UNA PARTITA POLITICA –

E allora capisco che è importante per tutti noi. Perché quel luogo che ogni giorno accoglie (almeno) un centinaio di studenti, è l’unico in una zona popolata dal triplo degli abitanti di Firenze (IV municipio, ma nei fatti anche il III) ad accogliere e fare cultura. Siamo qui a discutere, come ci ha ricordato l’alacre, rigoroso e appassionato lavoro del nostro Tommaso Caldarelli, di una proroga che potrebbe trasformarsi in agonia. Di tre o cinque mesi in cui Stefano Petrella, il direttore, e i suoi, dovranno lavorare gratis e caricarsi tutte le responsabilità, in cui chi verrà proverà ad autotassarsi.

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Lo dico a Matteo Orfini, commissario del Pd a Roma: commissariare municipi, spezzare i legami criminogeni di una città, cambiare la faccia e le abitudini di un partito opaco sono tutti compiti giusti da affrontare. Ma la sfida su Roma è la Giovenale. Perché questo luogo è stato tradito dalla politica che dovrebbe discutere su uno stanziamento almeno doppio rispetto ai 35.000 euro annui neanche sempre corrisposti dal Comune, non certo sul mancato rinnovo di una convenzione. Perché Gianni Alemanno ha combattuto la Giovenale, Ignazio Marino che voleva riempire le periferie con la cultura l’ha ignorata, infine commissario e subcommissari ne stanno facendo un’incombenza da trattare con burocratica freddezza. In una città che usa l’emergenzialità come grimaldello contro la legalità e autostrada per gli amici degli amici, dai mondiali di nuoto a mafia capitale, la cultura è invece un problema, da trattare con lentezza e inefficienza. Non merita affidamenti diretti – e va bene così, perché son sempre pericolosi – ma neanche un bando puntuale. Senza la Giovenale quella zona di Roma si desertificherà ancora di più, affogando nel cemento e nel precariato di chi ci vive, senza la luce di un luogo diverso, come ricorda bene lo splendido corto fatto in onore di questa struttura.
Ma non parlo solo a Matteo Orfini: abbiamo visto insieme Suburra e ci tengo a ricordargli che Suburra attecchisce dove si perdono queste esperienze.
Parlo a tutti i possibili candidati sindaci. Parlo a chi ama Roma, da Roberto Giachetti a Virginia Raggi a Alfio Marchini. Parlo a chi, diamine, prima ancora di raccogliere voti per primarie, sindacarie, alleanze improbabili dovrebbe essere lì, con quei ragazzi, a studiare con i banchi a Viale Kant e a partecipare alle assemblee pomeridiane.

BIBLIOTECA FABRIZIO GIOVENALE, IL CASO DELLA PROTEZIONE CIVILE –

Perché che questa Biblioteca debba rimanere aperta è un’ovvietà. Che la Stalla dei Tori affidata da Alemanno (per soli 9 mesi nel 2010! Non sarebbe il caso di far valere le stesse leggi per tutti?) a una Protezione Civile che di fatto la usa pochissimo, debba diventare parte integrante della struttura della Biblioteca, pure. Magari diventando un punto ristoro: guardate il successo che la combinazione ha avuto al museo del fumetto a Milano, ad esempio.
Ma qui una convenzione scade, e vogliono le chiavi prima e le lasciano a caro prezzo dopo.
Una destinazione d’uso – a meno che non vi siano state proroghe sconosciute: dal Comune e dai soggetti interessati non si è avuta alcuna notizia, solo domande eluse – è scaduta da un quadriennio e in quel caso tutto va bene

BIBLIOTECA FABRIZIO GIOVENALE, UN’ALTRA POLITICA E’ POSSIBILE –

Il punto è che però questi giorni di presidio di studenti e lavoratori ci hanno detto altro. Alla Giovenale vogliono sottrarsi alla solita dialettica che irrompe in questi casi. Pubblica amministrazione cinica e bara contro cittadini impegnati. Già perché di solito in questi casi la situazione si risolve sempre in una maniera: si occupa. All’ingiustizia si reagisce con l’illegalità. Qui no. Qui si è scelta una strada democratica, una via alternativa (e persino sostitutiva: i privati provano a riempire le lacune del pubblico), una battaglia di giustizia secondo le regole. Qui si gioca una partita fondamentale per la democrazia capitolina, da sempre ostaggio di oligopoli economici, da una parte, e di realtà sociopolitiche ai margini di tutto che reagiscono fuori dalle norme, spesso inevitabilmente. E allora è la politica a dover agire. Ora, non dopo le elezioni: ha ragione Caldarelli quando dice che dopo le consultazioni elettorali sarà troppo tardi, essendo la città ormai inghiottita dalle sabbie mobili di un fallimento etico, politico e morale, e avendo bisogno di interventi forti in tutti i suoi gangli vitali.

La politica, sospesa in questi mesi per manifesta immoralità e commissariata per conclamata incapacità, può e deve combattere ora. La Giovenale è un avamposto intellettuale e culturale da riconquistare alla città. Se si sarà costretti a uno strappo con l’amministrazione, a occupare, a riprendersi qualcosa a cui non possiamo rinunciare, sarà una sconfitta per la città, per il suo tessuto sociale e politico. Non certo di chi lo farà, se lo farà. Flash mob, assemblee, una petizione: di sicuro le stanno provando tutte. Dobbiamo farlo anche noi, dovete farlo anche voi.
E tutti coloro che ora fanno finta di niente non sono indifferenti, distratti o impossibilitati a farlo. Sono solo ed esclusivamente complici.

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