Riforma Rai, ok al Senato: ecco come cambia l’azienda

Ieri, dopo l’approvazione definitiva della legge di Stabilità 2016, il Senato ha dato il via libera per alzata di mano alla riforma della Rai. Si è dunque concluso l’iter parlamentare  di norme volutamente volute dal governo Renzi che ridisegnano i vertici dell’azienda televisiva di Stato.

 

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RIFORMA RAI, CDA PIÚ SNELLO

Una delle principali novità della riforma della Rai è sicuramente l’introduzione della figura dell’amministratore delegato al posto del direttore generale. Spiega Mario Stanganelli sul Messaggero:

Fulcro della nuova governance Rai avrà l’ad di viale Mazzini. Viene nominato dal Cda su proposta dell’assemblea dei soci (quindi del Tesoro), resta in carica per tre anni e può essere revocato dallo stesso Consiglio. Può nominare i dirigenti, ma per le nomine editoriali deve avere il parere del Cda. Assume, nomina, promuove e stabilisce la collocazione anche dei giornalisti, su proposta dei direttori di testata e nel rispetto del contratto di lavoro giornalistico. Può firmare contratti fino a 10 milioni di euro e ha massima autonomia nella gestione economica.

Il cda sarà più snello, non sarà più un’emanazione della Commissione di Vigilanza, ma eletto direttamente in Parlamento. Continua Stanganelli sul Messaggero:

Il nuovo Cda Rai sarà composto da sette membri, oggi sono nove. Quattro eletti da Camera e Senato, due nominati dal Consiglio dei ministri su proposta del titolare dell’Economia, uno designato dall’assemblea dei dipendenti dell’azienda. Al Cda è affidata l’approvazione del piano industriale e del piano editoriale, del preventivo di spesa annuale, degli investimenti superiori ai 10 milioni di euro, degli atti e dei contratti aziendali aventi carattere strategico. Tra i 7 membri del Consiglio sarà scelto quello che viene denominato un «presidente di garanzia», che dovrà, appunto, avere il parere favorevole dei due terzi della commissione di Vigilanza.

Infine, le novità sul contratto di servizio:

Il ddl di riforma prolunga a cinque anni, dagli attuali tre, la disciplina dei contratti per lo svolgimento del servizio pubblico e potenzia il ruolo del Consiglio dei ministri che delibererà gli indirizzi prima di ciascun rinnovo del contratto nazionale.

(Foto di copertina: ANSA / ANGELO CARCONI)

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