Ashton Carter: «Siamo in guerra con l’ISIS »

Il capo del Pentagono, Ashton Carter, ha parlato della strategia contro l’ISIS in un’audizione davanti alla commissione Difesa del Senato Usa.

 U.S. Defense Secretary Ashton Carter (L) and Vice Chairman of the Joint Chiefs of Staff Air Force Gen. Paul Selva (R) testify during a hearing before the Senate Armed Services Committee December 9, 2015 on Capitol Hill in Washington, DC. The committee held a hearing on the U.S. strategy to counter the Islamic State of Iraq and the Levant and U.S. policy toward Iraq and Syria. (Photo by Alex Wong/Getty Images)
Il Segretario della Difesa Ashton Carte durante l’audizione presso il Senate Armed Services Committee (Photo by Alex Wong/Getty Images)

SIAMO IN GUERRA CON L’ISIS –

«Sono d’accordo con il generale Dunford, non abbiamo contenuto l’Isis». Lo ha detto il capo del Pentagono, Ashton Carter, in un’audizione davanti alla commissione Difesa del Senato Usa. Il segretario alla Difesa sottolinea poi che dispiegare “significative” forze di terra Usa in Siria e in Iraq è’ una cattiva idea perché “«americanizzerebbe» il conflitto. «La verità è che siamo in guerra» secondo il segretario alla Difesa.

PRONTI AD AIUTARE ANCORA IN IRAQ –

Durante la sua audizione, Carter ha sollecitato la Russia a stare «dalla parte giusta» della lotta contro lo Stato islamico. E ha chiesto più impegno contro il califfato agli alleati del Golfo. «Anch’io spero che soprattutto le nazioni arabe sunnite del Golfo facciano di più». carte ha comunque aggiunto che gli Stati Uniti sono pronti ad assistere l’esercito iracheno con più uomini e materiali per aiutarlo nella lotta ai militanti dell’ISIS.

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CONSIGLIERI ED ELICOTTERI CONTRO L’ISIS IN IRAQ

Gli Stati Uniti forniranno in particolare più istruttori e consiglieri militari ed elicotteri da attacco. La campagna militare ha appena portato l’esercito di Baghdad alla riconquista di buona parte di Ramadi, persa nel maggio scorso, ma «molto lavoro rimane da fare» ha detto Carter, dicendo che Washington è pronta a sostenere lo sforzo qualora il premier iracheno Haider al-Abadi lo richieda per «aiutare a finire il lavoro» liberando Mosul e il resto delle aree e città occupate dagli uomini del califfato.

 

 

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