La ragazzina picchiata dai genitori perché innamorata di una sua amica

Botte e insulti dai genitori e persino dalla sorella, solo perché aveva dichiarato la propria omosessualità e l’amore per una sua amica. È la tremenda storia che arriva da Roma, raccontata oggi da Adelaide Pierucci sul Messaggero:

Cinghiate dal padre perché si era dichiarata gay. Insulti e pugni dalla sorella. Il gelo della madre. È dovuta intervenire la procura per mettere in salvo Fanny (il nome è di fantasia, ndr), sedicenne che aveva avuto il coraggio di dichiararsi innamorata di una compagna di scuola. Per nove mesi, infatti, i genitori e la sorella, liceale e da poco maggiorenne, per tentare di «guarirla» dall’omossessualità le avevano imposto un regime di vita intollerabile fino a spingerla all’autolesionismo. Vietato il telefonino e le uscite da sola. Musi lunghi e botte. A scuola solo sotto scorta. «Sei tu sbagliata», le ripetevano, «Ci hai reso la vita un inferno. Curati».

«TU SEI SBAGLIATA» –

Il tutto sarebbe andato avanti per oltre un anno:

Una escalation persecutoria. Il pm Calaresu, del pool antiviolenza, l’ha ricostruita passo passo. Alcuni parenti nell’autunno 2014 informano i genitori di Fanny che ha una relazione con una certa Maria (nome anche questo di fantasia). I primi due giorni padre, madre e sorella non le rivolgeranno la parola. Poi cominceranno gli schiaffi, le minacce anche di morte, le botte con cinghie e cucchiarelle, e le offese a ripetizione: «malata», «puttana».

LA DENUNCIA –

Fino a quando la ragazzina non ce l’ha fatta più, e ha denunciato la propria famiglia:

«Mia mamma infatti mi diceva che era colpa mia se stavamo vivendo tutto questo inferno», aveva aggiunto, «tanto che per un paio di mesi mi ha costretto a prendere delle pasticche di un medicinale che aveva fatto arrivare dall’estero. Pensavano che chi era omosessuale era malato. Alla fine ho denunciato». […] Per padre madre e sorella, cristiani di origine russa da anni trasferitisi a Roma, il gip Valerio Savio ha disposto, di recente, su proposta del pm Antonio Calaresu, il divieto di avvicinamento alla ragazza, nel frattempo affidata a una casa famiglia.

(Photocredit copertina: Thinkstock)

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