Ancora frustate per chi difende i diritti umani in Arabia Saudita

La storia di Mikhlif al-Shammari è esemplare per quanto simile a quella di numerose persone che negli stati del Golfo si battono sommessamente per i diritti umani e finiscono incarcerati e frustati, se non trascinati alla rovina .

Mikhlif al-Shammari
Mikhlif al-Shammari

 

IL QUIETO DISSIDENTE PRESO A FRUSTATE –

La storia di Mikhlif al-Shammari è terribile ed esemplare al tempo stesso. Amnesty International ha appena lanciato un appello contro la conferma della sua condanna a 2 anni di carcere e 200 frustate da parte di una corte saudita, che paradossalmente sono poca cosa in confronto a quello che questo mite ed educato (ex) imprenditore ha dovuto affrontare per aver osato sostenere che gli sciiti non devono essere discriminati e repressi come invece sono nel regno.

L’ARABIA SAUDITA E I DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI –

Mikhlif al-Shammari non è famoso, il suo attivismo si è limitato al partecipare alla preghiera con gli sciiti e alla scrittura di qualche articolo nel quale, sommessamente, ricordava che gli sciiti non sono esseri inferiori e che dovrebbero essere trattati come i cittadini sunniti. Ma in Arabia Saudita gli sciiti sono spesso considerati peggio degli ebrei da molti religiosi, in particolare da quelli radicali, che abbondano. Negli ultimi 10 anni al-Shammari è finito in carcere per queste sue attività e quando ne è uscito ha trovato il figlio radicalizzato e la sua azienda dissolta, ai dipendenti era stato semplicemente imposto di non farsi più vedere. Figlio che è andato a combattere in Iraq e che quando è tornato gli ha sparato 4 colpi di pistola approfittando della proposta del padre di recarsi in pellegrinaggio alla Mecca per fare pace.

L’AGONIA DI AL SHAMMARI –

Sopravvissuto, al Shammari nel principe Turki bin Khalid al-Sudairy una mano caritatevole ed è entrato a far parte dell’inutile commissione nazionale sui diritti umani e di una contro la violenza sulle donne, ma la coda giudiziaria del passato lo ha raggiunto di nuovo con la conferma della condanna ricordata da Amnesty. Condanna comminata per aver violato le misure cautelari impostegli, gli imputano ad esempio di aver violato quella che gli vietava le riunioni quando è stato accolto a casa da amici e parenti riuniti. Condanne al termine di processi nei quali non si è potuto difendere e non ha potuto essere difeso, basati su accuse del tutto fumose e arbitrarie, non meno delle misure restrittive che gli sono state imposte negli anni. Torturato, picchiato fino a svenire, una volta si è svegliato con i suoi aguzzini che gli facevano bere del detersivo, poi lo hanno portato all’ospedale dicendo che aveva tentato il suicidio.

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LUI NON CEDE –

Nonostante tutto questo, al-Shammari non ha mai alzato la voce e non ha mai mollato, dicendosi disposto a giocarsi la vita pur di tenere il punto in difesa di deboli e discriminati. Un eroe silenzioso, un sessantenne che dopo tante umiliazioni e privazioni ora rischia anche di essere frustato pubblicamente in nome di accuse allo stesso tempo ridicole e infami.

 

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