San Camillo, l’ospedale con i pazienti ricoverati in sala operatoria

Gravi disagi al San Camillo, l’ospedale più grande di Roma. Al reparto di Rianimazione non ci sono posti liberi e i pazienti con un ictus o un’emorragia cerebrale, dopo l’intervento, sono costretti a restare in sala operatoria. Di conseguenza l’attività chirurgica si ferma. Lo raccontano oggi Claudio Picozzi e Flaminia Savelli su Repubblica:

Il blocco dell’attività chirurgica si ripete tre, anche quattro volte in un mese. «Normalmente », confida un neurochirurgo, «continuiamo a operare anche con un paziente in sala operatoria, ma quando siamo costretti ad affiancargliene un altro, gli interventi si fermano».
Ieri due persone, appena operate, hanno imposto l’ultimo stop. Era già accaduto sei giorni fa: una giovane incinta, con una emorragia cerebrale, è rimasta in sala operatoria per tre giorni insieme con un altro paziente. La donna e la creatura nel suo grembo si sono salvate. Come il loro vicino di letto in sala operatoria. Sono cresciuti, però, i rischi per quanti, a casa o in reparto, aspettano di essere chiamati per sottoporsi a un intervento. Prima di finire sotto i ferri, se non si è già in ospedale, l’attesa nel letto domestico si protrae fino a cinque mesi per un l’asportazione di un tumore cerebrale benigno.

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Il primario Alberto Delitala parla di «scelta obbligata» per la mancanza di posti: «Per salvare i pazienti dobbiamo lasciarli in sala operatoria». «La degenza in Rianimazione dura anche due mesi». «Per la fine del mese – è invece l’annuncio di Antonio D’Urso, direttore del San Camillo – saranno pronti altri venti posti di Rianimazione».

(Foto di copertina: ANSA / MASSIMO ZAMPETTI)

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