Un leak espone i crimini degli Emirati in Libia

Gli Emirati Arabi Uniti hanno spedito armi ad alcuni gruppi di militanti libici amici l’estate scorsa, violando così l’embargo internazionale. Nel mentre il governo di Abu Dhabi stava offrendo all’inviato uscente dell’Onu in Libia, Bernardino Leon, un incarico molto ben remunerato proprio negli Emirati, incarico che già ha destato scandalo.

sequestro Libia

 

LEON FA L’OFFESO E CHIEDE CHIAREZZA –

«Dopo le notizie emerse sulle presunte attività in violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza Onu in Libia, ho deciso di chiedere un chiarimento, anche alle autorità degli Emirati Arabi Uniti»: così l’inviato speciale uscente dell’Onu in Libia, Bernardino Leon, ha commentato le informazioni diffuse dal New York Times su un presunto invio di armi ad alcuni gruppi di militanti libici amici. Leon le ha definite “accuse non verificate”, ma che abbia ottenuto un posto da 50.000 dollari al mese negli Emirati lo ha ammesso lui stesso e che stesse trattando le condizioni economiche di questo impegno mentre avrebbe dovuto fare da mediatore tra le parti libiche, è un fatto altrettanto accertato.

OLTRE DE LEON C’È DI PIÙ –

La diffusione della mail, consegnate al New York Times per mano di un ufficiale degli Emirati «scontento» della politica abbracciata dagli Emirati, rivela anche di più e di più imbarazzante per gli emiri uniti, e su tutto spiccano le forniture d’armi in violazione dell’embargo ONU alla Libia. Rivelazioni che non saranno prese bene in Libia, dove ora l’opera del successore di Leon rischia di essere minata da documenti che raccontano di come una delle parti in conflitto abbia comprato l’arbitro e mentre questi accompagnava verso il nulla i colloqui di pace, il governo di Abu Dhabi, che armava almeno una delle fazioni in campo.

COSA C’È NELLE MAIL –

La corrispondenza diffusa riguarda le comunicazioni tra diplomatici emiratini e lascia pochi spazi per la fantasia. C’è ad esempio un messaggio inviato il 4 agosto scorso da Ahmed alQasimi, veterano della diplomazia emiratina, a Lana Nusseibeh, ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti all’ONU, nella quale al Qasimi scrive: «Il fatto è che l’EAU ha violato la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza in Libia e continua a farlo». Anche mentre De Leon stava «trattando» la pace. Qasimi spiega poi che a rispondere alle domande e ad osservare le procedure richieste dall’ONU «mostrerebbe quanto in profondità siamo coinvolti in Libia» e poi aggiunge che «dovremmo tentare di trovare una copertura per ridurre il danno».

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TRAFFICO D’ARMI ANCHE CON LA COREA DEL NORD –

E a preoccupare non è solo l’ONU, il 30 settembre infatti ad agitare le acque è una mail di Ethan A. Goldrich, il vice dell’ambasciata americana ad Abu Dhabi, nella quale si ricorda che fin da febbraio gli americani lamentano la violazione della convenzione sul controllo internazionale dei missili consegnando 40 droni alla Libia. Una consegna che «innescherà sanzioni in osservanza delle leggi americane, e che potrebbe risolversi in sanzioni contro entità degli amirati». Poi si discute anche di una fornitura della International Military Services, un’azienda saudita, della quale Washington ha chiesto il blocco immediato e c’è persino un richiamo all’acquisto di armi per 100 milioni di dollari dalla Corea del Nord, anche questo in violazione dell’embargo e anche questo a conoscenza degli americani nonostante fosse stato celato da un accordo siglato con la Mining Development Trading Corporation, o Komid, un’azienda nordcoreana che non ha a che fare con le armi, ma che è finita lo stesse nell’elenco di quelle sanzionate da Washington. Dalle mail si capisce che gli Stati Uniti hanno protestato per mesi e che gli emiratini hanno risposto solo con il silenzio, come negli altri casi ricordati.

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