Spuntano i talibani per i diritti umani, anche quelli delle donne

La notizia della morte del mullah Omar ha aperto crepe nell’unità dei talibani, tanto che nemmeno i successi militari del suo successore, il mullah Akhtar, sono riusciti a impedire fughe verso l’ISIS e ora persino l’emergere di un fronte talibano moderato.

Il Mullah Akhtar
Il Mullah Akhtar

 

I TALIBANI PER I DIRITTI UMANI –

La dichiarazione di Abdul Manan Niazi a BBC è clamorosa, considerandone la provenienza: «Abbiamo capito questo ora, che in un sistema islamico tutti i diritti degli esseri umani, sia uomini che donne, devono essere garantiti al 100%». Niazi è uno dei leader del gruppo di talibani, che pare includere numerosi e influenti leader pashtun, e che si propone ora come controparte moderata per le trattative con il governo di Kabul, che pure negli anni scorsi ha cercato con determinazione un accordo all’apparenza impossibile, viste le distanze teoriche tra l’Afghanistan «liberato» dagli americani e quello medioevale del mullah Omar.

IL MULLAH CHE NON MORIVA MAI –

Il mullah Omar però è morto da un po’ e da qualche mese si è venuto a sapere, e così il suo vice, che gli è succeduto alla guida del movimento talibano, ha dovuto uscire allo scoperto e ribadire le sue capacità e il suo controllo sulle diverse fazioni guerrigliere. Ci è anche riuscito abbastanza bene, ma la cosa non gli ha impedito di perdere consensi a favore dell’ISIS e ora a favore dei moderati pashtun della provincia occidentale di Farah.

IL POTERE DEL NUOVO MULLAH-

Un’uscita allo scoperto del genere mostra che gli autori non temono l’ira di Akhtar e che possono godere di un certo consenso, tale almeno da porli al riparo dalle reazioni del successore di Omar, che fin da subito ha avuto diversi problemi nel vedere riconosciuta la sua autorità, e non solo perché su di lui pende l’accusa di aver nascosto per 2 anni la morti di Omar per governare in suo nome senza fastidi.

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LA SPERANZA PER I TALIBANI DIVERSI –

Il leader della nuova fazione è stato governatore talibano di Farah e Nimroz fino all’intervento degli americani ed era comunque una figura vicina ad Omar, e la direzione del gruppo sembra prendere ampie distanze dalla politica e anche dalla dottrina dei talibani, proponendosi anzi come fattore pacificante e invocando la fine delle uccisioni e delle vendette tra afgani, arrivando persino alla condanna degli attentati suicidi e a pronunciarsi a favore del riconoscimento dei diritti umani anche per le donne, compreso quello all’educazione. La nuova fazione talibana, qualora sopravviva e prevalga su quella più tradizionalista, potrebbe rappresentare la grande speranza per una pacificazione del paese, anche se per ora la prudenza è d’obbligo. La possibilità che si riveli un’illusione sono ancora superiori a quelle a favore dell’inatteso miracolo di un’evoluzione in senso pacifico del movimento talibano.

 

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