Corradino Mineo fa marcia indietro: «I giornali mi hanno usato»

Avevano destato molto scalpore le frasi di ieri di Corradino Mineo, che su Facebook aveva scritto alcune considerazioni abbastanza sibilline su Renzi e una donna cui sarebbe subalterno, concludendo con un pasoliniano “Lui sa che io so”. Dopo le polemiche, il senatore ha fatto marcia indietro, sempre su Facebook, con un lungo post in cui attacca i giornali, colpevoli di averlo strumentalizzato per far emergere pettegolezzi e insinuazioni.

CORRADINO MINEO E LA DONNA DI RENZI

Ecco il lungo post di giovedì mattina del senatore

Caffè amarissimo

Ieri ho risposto a una mascalzonata – la riesumazione ad opera di Renzi di un mio vecchio sms privato per poter dire a Vespa che mi sarei dovuto dimettere da senatore e invece resto per amore della poltrona- con quella che è parsa un’altra mascalzonata. “Renzi in mano a una donna”, il Giornale; “Succube di una bella donna”, il Fatto. Stefano Fassina mi ha invitato a scusarmi. Mi scuso per aver dato la stura a interpretazioni siffatte. Non mi interesso di fatti privati, non intendevo fare riferimenti “sessisti”, come dice il Corriere, nè mandare “pizzini”, come scrive Repubblica.

Intendevo reagire all’imbarbarimento della politica di cui, secondo me, il primo responsabile è Matteo Renzi. É il premier che risolve ogni contrasto politico in una battuta sferzante, che supera ogni difficoltà “spianando e asfaltando l’avversario”. É la sua macchina informativa, sui giornali e in rete, che amplifica fino a promuovere veri e propri linciaggi. Questo mi premeva dire nel post “Risposta agli insulti di Renzi”. Nel quale, certo, ho disegnato un profilo del premier. Quello di uno politico straordinariamente abile nel conflitto politico quotidiano, ma senza una visione del futuro, incerto quando si esce dalla partira a scacchi immediata, insicuro, e anche subalterno, davanti ad alleati emotivamente più solidi, come può essere una “donna bella e decisa”.

“Lui sa che io so” non era minaccia, nè voleva esserlo. Era la constatazione desolata di come Renzi prenda il caterpillar ogni volta che si sente in fallo, che qualcuno accenna alle fragilità che si celano dietro la maschera spavalda, talvolta arrogante, che ama indossare. Io so. So che anche Renzi aveva capito che che la legge sulla scuola non era una buona legge -lo aveva persino detto in televisione- ma poi l’hanno convinto ed è passato in forza, imponendo la fiducia. So che sulla legge costituzionale ha spianato il Parlamento tre volte su ipotesi differenti e forse contraddittorie. La prima prevedeva un Senato di Governatori e Sindaci, la seconda di Consiglieri-Senatori nominati dai Consigli egionali, la terza di Consiglieri sì in qualche modo indicati dal voto dei cittadini. Questo so.

Ma non sono collettore nè diffusore di pettegolezzi. Anche giornali mi usano per far affiorare, fin nelle prime pagine, insinuazioni da molto tempo disseminate in articoli maliziosi e titoli ammiccanti. Sono colpevole di quel che scrivono? In parte sì: ancora una volta ho sottovalutato il degrado nel confronto politico mediatico nel nostro paese. E sottovalutando, ho provocato il cortocircuito. Di questo mi scuso, innanzitutto con me stesso.

Ribadisco, però, che tale degrado è conseguenza di una narrazione che spesso non entra nel merito delle scelte e delle riforme, ma divide il mondo tra chi ama l’Italia e chi gufa, tra vincenti e perdenti, rottamatori e rottamati.

Da 19 mesi, da quando il 26 marzo del 2014, insieme ad altri lasciai cadere l’offerta di Renzi -detta in pubblico, davanti a senatori e deputati- di una possibile reiterazione del mandato, alla camera, in cambio della rinuncia al dissenso sulla riforma costituzionale- da quel giorno sono sottoposto a un vero e proprio fuoco di fila. Che usa la mia età, la carriera fatta in Rai -che da titolo di merito diventa colpa-, il mestiere del giornalista -che mi rende “visibile”- la stessa scelta di accettare la candidatura nel Pd, come prove a corredo di una sentenza inappellabile: quest’uomo deve tacere, lasciare la scena, sparire.

Ho la pelle dura. So che l’intolleranza per ora la viviamo come farsa e non come tragedia, che il linciaggio per fortuna è solo mediatico, ma ho voluto dire basta. Spiegando che certe tecniche possono diventare e diventano un boomerang. Non per volontà o colpa di Mineo.

COSA AVEVA DETTO CORRADINO MINEO

Ma cosa aveva detto il senatore? Lo riporta lui stesso su Facebook in un post precedente, da lui ripreso dall’Ansa

(ANSA) – ROMA, 3 NOV – “Corradino Mineo? Un anno fa annunciò le dimissioni da senatore dopo aver offeso in modo squallido i bambini autistici. Disse: ho sbagliato, me ne vado. E’ sempre lì,a spiegare come va il mondo. Al massimo si dimette dal Pd, ma la poltrona non la lascia, per carità”. Lo dice il premier e segretario del Pd Matteo Renzi in un’intervista a Bruno Vespa per il suo libro “Donne d’Italia”.

Diciamo che Matteo Renzi non ha stile. Non ho mai manifestato l’intenzione di dimettermi dal Senato, se non in un sms che mandai proprio a lui, disgustato dall’attacco volgare e strumentale che mi aveva mosso davanti all’assemblea del Pd, dopo la vittoria alle Europee. Fu poi Gianni Cuperlo, a riprendermi per i capelli e spiegarmi che la politica, ahimè, è anche questo -scorrettezza cialtrona- e che bisogna saper resistere. Grasso mi ricordò che avevo un mandato da onorare.

Ma Renzi non si fa scrupoli, rivela conversazioni private, infanga per paura di essere infangato. E sa che io so. So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, quello della politica contingente. So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa. Fino al punto di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo. Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private. Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano.

Quanto alla “poltrona”, a differenza forse di qualcun altro, io non ne ho bisogno. Ho lavorato per 40 anni, salendo passo dopo passo il cursus honorum, da giornalista fino a direttore. Probabilmente ho ancora “mercato”, potrei tornare a fare quello che ho dimostrato di saper fare. Non ora, perchè ho preso un impegno accettando la candidatura che Bersani mi propose nel 2013, e lo manterrò, quell’impegno, in barba a chi vorrebbe “asfaltare” il dissenso.

Quanto ai bambini autistici, è stato Renzi a strumentalizzarli nel modo più squallido per “spianarmi”. Li ha usati per strappare un applauso in assemblea e non ha fatto poi seguire un solo provvedimento per andare incontro alle tante famiglie in difficoltà. I fatti hanno la testa dura

ESPOSITO: «SE L’AVESSE DETTO A ME GLI AVREI SPACCATO LA FACCIA» –

Parole che sono state commentate anche dal senatore del PD Stefano Esposito, che su Facebook aveva commentato con una frase senza mezzi termini: «Una roba penosa quella detta da mineo se l’avesse fatto a me gli avrei spaccato la faccia. Punto».

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