Allagavano la Caserma della Finanza per avere l’appalto

Eravamo abituati a tutto: appalti truccati, soldi rubati, mazzette. Ma che si sabotassero le strutture pubbliche per creare motivi per guadagnarci sopra ancora non l’avevamo mai sentito, fino a oggi. Poi abbiamo aperto il Corriere della Sera a pagina 20.

SIMULARE LE SOMME URGENZE

Ed ecco cosa ci abbiamo trovato

Le «somme urgenze» erano la scusa per truccare gli appalti del Provveditorato alle opere pubbliche di Milano. E se non c’erano, bastava fabbricarle allagando una caserma della Guardia di Finanza o sabotando il tetto dell’Università di Pavia. Funzionava così nell’ufficio, un «tritacarne» dove tanti prendevano mazzette, come rivela un imprenditore nell’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex vicepresidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani, e di un ingegnere del Provveditorato, Angelo Bianchi.

Non finisce qui

A giugno 2014 Brera è convocato dal pm Giulia Pezzino e dall’aggiunto Mario Venditti per rispondere di bancarotta, ma mentre entra in Procura a Pavia ha già deciso di vuotare il sacco: «C’è un sistema nel Provveditorato che io chiamavo il tritacarne, perché l’80% di coloro che lavorano là prende tangenti», contanti che accumula gonfiando i costi e facendo false fatture. Per lavori di «somma urgenza», sotto i 200 mila euro, «era già noto in anticipo chi si sarebbe di volta in volta aggiudicato il lavoro».

Va bene, ma se l’urgenza non c’era? Che problema c’è! La si crea no?

Fu così per Giurisprudenza a Pavia: «Ho mandato il mio capocantiere sul tetto a spaccare due coppi, così si sono verificate delle infiltrazioni», come suggeritogli da un geometra del Provveditorato che, in cambio di una bustarella, gli aveva affidato lavori per 150 mila euro.

Disgustorama

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