L’uomo simbolo della strage di Ankara: «No, non sono morto. Non so perché l’abbiano detto»

Solo ieri era stato dato per morto da tutta la stampa internazionale. Ma Izzettin Cevik, insegnante, almeno nel corpo è ancora vivo. Ne parla Repubblica

L’ATTENTATO DI ANKARA

Ecco cosa ha detto

«Sì, sono io quello della foto davanti alla stazione di Ankara. No, non sono morto. Non so perché l’abbiano detto. Sono vivo e sono qui. Morte sono mia figlia e mia sorella. Ma in quella piazza, in fondo, è come se fossi rimasto ucciso anch’io». […] Sul volto ha ancora i segni della bomba che ha ucciso più di cento persone durante il corteo della pace. È ferito, ma in piedi. Le immagini di lui abbracciato alla moglie piangente sono finite sulle prima pagine dei giornali di tutto il mondo. «Credo nella pace, è vero. Ma ho perso la mia famiglia. Avevo una figlia e una sorella. Sono morte entrambe davanti alla stazione di Ankara. Mi rimane mia moglie Hatice. Adesso è qui in ospedale. Sta facendo un intervento agli occhi. Spero di portarla a casa sana e salva».

Izzettin spiega di essere andato ad Ankara per manifestare ma anche per “riunire” la famiglia: ad Ankara sia lui che la moglie avevano dei parenti

 «Un’altra ragione era di far visitare mia sorella Nilgun, che aveva scoperto di avere un cancro. Ora lei non c’è più. E non c’è più nemmeno mia figlia, studentessa universitaria. Il momento in cui ci hanno fotografato è quando abbiamo capito di averla persa. E io, lì, prendo mia moglie tra le mie braccia. Ora, tornare senza Basak, senza Nilgun, è un dolore atroce».

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