Berlusconi non vuole “abdicare”. E attacca da Atreju: «Via i mestieranti da Fi». Ma il partito ribolle

27/09/2015 di Alberto Sofia

Ormai sembra un ritornello stanco. Mentre l’ex sodale Denis Verdini gli “sfila” il partito, decimando la truppa parlamentare di Forza Italia e portandola alla corte di Renzi nel gruppo stampella di Ala, Silvio Berlusconi si affida alla retorica e ai soliti mantra. Accolto tra fischi e applausi ad Atreju, alla kermesse dei giovani militanti di Fdi-An dove mancava da diversi anni, il leader azzurro rispolvera i (presunti) colpi di Stato ai danni dei suoi governi, rievoca e “denuncia” la tesi dell’«assenza di democrazia». E boccia il premier e le sue riforme, dal disegno di legge Boschi all’Italicum. Quegli stessi provvedimenti che aveva fatto votare al partito, in tempi di pacificazione e di Nazareno. Per poi gridare al “rischio regime, dopo la delusione nella partita del Quirinale, rincorsa inseguendo l’agibilità politica. E quella riabilitazione che resta ancora oggi un’ossessione per il presidente azzurro. Non ancora ritrovata.

Videocredit: Alberto Sofia/Giornalettismo

BERLUSCONI TRA FISCHI E APPLAUSI AD ATREJU. MA IL CAV NON VUOLE ABDICARE… –

Ci prova, il Cav, a rilanciare. Con tanto di programma elettorale sbandierato di fronte alla platea e da presentare ai possibili futuri alleati. «Meno tasse, meno Stato, più sicurezza e garanzie per ciascuno…». Di fatto, quasi una fotocopia di quella discesa in campo del 94′. Ma sbiadita. Perché da allora sembra essere passata un’era. Non è più il leader di un tempo, Berlusconi. E negli anni ad abbandonarlo non sono stati soltanto i vecchi alleati e colleghi di partito, bollati come traditori: da Fini ad Alfano, fino ai più recenti, il poeta Bondi, l’ex delfino Fitto e lo stratega Verdini. A lasciare il Cav sono stati soprattutto gli elettori. Lo confermano i numeri di Fi, crollata all’11%. Al minimo storico. «Il tempo passa per tutti…», spiegano in sala quei militanti che diedero fiducia alle promesse di rivoluzione liberale, poi rimaste sulla carta. Eppure il Cav non sembra volersene accorgere. «Un leader forte per il centrodestra? Qualche volta guardandomi allo specchio…», scherza. Ma nemmeno troppo. Altro che ticket Meloni-Salvini, evocato proprio ad Atreju dal governatore lombardo Maroni. Berlusconi non ha alcuna voglia di farsi da parte. Né di fare il “padre nobile“. Salvini? «Molto utile averlo nel centrodestra, chapeau per come sa parlare alla pancia delle gente…». Parole di apprezzamento, in attesa del bilaterale tra i due leader per trattare sulle amministrative. Ma niente passaggio di consegne. Almeno, non ancora. Non è un caso che per l’ex premier le primarie, sempre odiate, restino ancora un tabù. Bocciate. «Sono un sistema utile quando ci sono tutte seconde file», ma «se c’è un leader chiaro e accettato da tutti non servono», ripete il Cav. Parole che sembrano uno schiaffo alla Meloni, in casa sua. Così come al pugliese Fitto, al sindaco di Verona Tosi. E allo stesso rampante Salvini, che insiste sui gazebo per certificare la sua nuova leadership sul centrodestra. Nulla da fare per Berlusconi: «Io non mi tiro indietro, lo faccio per senso di responsabilità..». Per questo aspetta ancora quel verdetto della Corte europea di Strasburgo, rincorrendo la piena riabilitazione. E l’ambizione di potersi ricandidare, ancora una volta. Secondo rumours interni, un pronunciamento potrebbe arrivare tra ottobre e novembre. Ma intanto il partito resta nel limbo: «Rischiamo di scomparire e di venire travolti dalla Lega», si teme dentro Fi. Anche perché il Cav è sempre meno presente, rinchiuso nel fortino di Arcore. E gli ultimi fedelissimi sempre più disorientati.

FORZA ITALIA E GLI ULTIMI FEDELISSIMI DISORIENTATI –

Non è un caso che dentro Forza Italia il clima resti quello del “liberi tutti. Soprattutto tra la vecchia guardie e i peones convinti di non avere più alcuna possibilità di essere ricandidati e rieletti restando accanto a Berlusconi. Anche se il rilancio del Cav fosse reale, più volte lo stesso Berlusconi è stato chiaro: serve rinnovare. E lo ha ripetuto anche ad Atreju. Tradotto, meglio cercare un altro salvagente. E provare ad evitare di finire travolti con il tramonto di Berlusconi.


Videocredit: Alberto Sofia/Giornalettismo

BERLUSCONI E I TRASFUGHI: «VANNO VIA? EVVIVA, DEO GRATIAS…» –

L’ex premier non ha però più voglia di occuparsi delle beghe interne di partito. Né di trattenere chi vuol andare via: «A quelli che lasciano Forza Italia dico: evviva, deo gratias. Ci siamo liberati dei mestieranti della politica», li “saluta” Berlusconi. Ma in realtà è tutto il partito che ribolle. E che non comprende quel “no” sbandierato alle riforme costituzionali. Una linea (almeno quella ufficiale, ndr) ribadita anche da Atreju: non ci sarà alcun soccorso azzurro né appoggio al ddl Boschi. Dal Cav è arrivata una bocciatura anche sull’intervento del governo in materia di intercettazioni. «Un pasticcio…». E la decisione di Renzi sull’abolizione della tassa sulla prima casa dal 2016? «Se lo faranno, lo voteremo. Ma non lo faranno…», ha continuato il Cav. Ma se dalla platea i giovani di Azzurra Libertà presenti (compresi i falchetti Zappacosta) incitavano il vecchio leader, il resto della platea si divideva e restava perplessa mentre il Cav sciorinava le sue proposte: «E la legge Fornero? E l’immigrazione? E l’Italicum che avete votato?», si sentiva dalle retrovie. Al di là delle parole dell’ex premier e della sua resistenza, l‘impressione è che per molti il Cav sia ormai il passato. 

Share this article