Quei 4,5 miliardi di euro finiti in Cina e che l’Italia non vedrà più

4,5 miliardi di euro finiti in Cina e che l’Italia non vedrà più. Questo il succo di un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Firenze nei confronti di una piccola agenzia di money transfer, la M2M di Bologna, e Bank of China, istituto controllato direttamente dalla Repubblica Popolare Cinese. Al momento sono stati recuperati 50 milioni di euro. Il resto? Probabilmente sparito. Per sempre.

Cina
ANSA

CINA, I NUMERI DELL’EVASIONE –

La Stampa ci parla di un’inchiesta che sa di assurdo. 4,5 miliardi di euro spariti nel nulla, partiti dall’Italia con destinazione Cina. Tutti soldi di persone sconosciute al Fisco che hanno preso, raccolto e spedito senza rendere conto a nessuno e senza dichiarare un centesimo. 4,5 miliardi. Per intenderci si tratta della cifra necessaria per coprire l’abolizione di Imu e Tasi, un terzo circa dei 12 miliardi di euro che si sperano di ottenere con la privatizzazione delle Poste, il doppio dei 2,2 miliardi di euro messi a disposizione dell’esecutivo per il progetto Banda Larga. 4,5 miliardi di euro e 297 richieste di rinvio a giudizio tra persone fisiche e società. Ed un processo che potrebbe non partire mai anche se l’udienza preliminare è prevista il prossimo marzo.

CINA, L’INDAGINE PARTITA NEL 2008 –

Nel 2008 la Guardia di Finanza di Firenze ha scoperto che la Money 2 Money di Bologna, M2M, piccola società di money transfer, movimenta migliaia di euro senza quasi avere clienti. Per aggirare le norme anti-riciclaggio che prevedono verifiche sui movimenti oltre i 2.000 euro, vengono prodotti trasferimenti di 1999,99 euro. Per fare tutto questo viene messo su un sistema di documenti falsi che coinvolge ignari cittadini cinesi ed anche defunti. In un locale di Prato, 30 metri quadri, sono passati 1,077 miliardi di euro, tutto in nero. L’indagine ha poi portato alla luce in un capannone di Sesto Fiorentino 1255 borse di Hermès mentre a Fiumicino sono stati trovati 30.000 accessori firmati Breil, Morellato, Dolce e Gabbana.

 

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CINA, IL RUOLO DELLA M2M –

Un indagato viene beccato mentre fornisce documenti falsi a cinesi clandestini. Gli inquirenti trovano poi a Marmirolo, provincia di Mantova, un laboratorio con altri cinesi clandestini alloggiati in precarie condizioni igieniche. Tra le contestazioni c’è anche l’associazione mafiosa, confermata agli inquirenti da Fabrizio Bolzonaro, socio della M2M: «ricicliamo i soldi della mafia. Gli inquirenti notano anche che la M2M conosce un “balzo” nel fatturato, da 85 milioni di euro nel 2006 a oltre 400 nel 2007, in concomitanza con l’ingresso di nuovi soci cinesi, la famiglia Cai.

CINA, I 2,199 MILIARDI SPEDITI DALLA BANK OF CHINA –

In questa storia c’è spazio per tutti, dall’imprenditore che invia in Cina 1,89 milioni di euro ma dichiara al fisco italiano solo 17.000 euro o quello beccato a spedire 800.000 euro anche se in Italia è sconosciuto al fisco. E poi c’è Bank of China, dalla cui sede milanese sono transitati 2,199 miliardi di euro senza una minima segnalazione di attività anomala alle autorità italiane. E mentre indaga anche Bankitalia, Bank of China ha restituito un milione di euro, cifra corrispondente alle commissioni incassate sui trasferimenti. In totale si parla di 4,5 miliardi di euro spediti fuori dall’Italia senza che fossero stati pagati su di essi Iva, diritti doganali, imposte sul reddito e contributi previdenziali. Oltre ovviamente alla valuta “scappata” all’estero.

CINA, I PRIMI SEQUESTRI –

Il processo si prospetta però difficoltoso. I primi sequestri sono del 2010 mentre l’indagine, come detto, è partita due anni prima. Le prime richieste di rinvio a giudizio sono della scorsa primavera ma per le notifiche è servito più di un anno. Prima dell’udienza preliminare bisogna tradurre gli atti in cinese, e non è detto che si trovino traduttori. L’Erario intanto è partito con le sue contestazioni individuando 50 milioni. Niente, rispetto a 4.500.000.000 di euro.

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