Riforme, arriva la Buona Università (e la stabilizzazione dei ricercatori precari)

Dopo la riforma Buona Scuola arriva il piano Buona Università, che attribuisce più fondi agli atenei per merito e alle borse di studio. Al momento non esiste una proposta di legge o un testo di decreto, ma circola un testo introduttivo della riforma messo a punto dalla senatrice del Pd Francesca Puglisi ed inviato a diversi esperti del mondo universitario e della ricerca. L’obiettivo della maggioranza e del governo sarebbe quello di arrivare ad un decreto entro la fine di ottobre. A raccontarlo oggi è Marco Esposito sul Mattino di Napoli.

 

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Sarebbero tre i capisaldi del piano Buona Università: autonomia, fine del precariato dei ricercatori e diritto allo studio. Scrive Esposito sul Mattino:

Autonomia, in particolare, nella scelta dei ricercatori e dei professori, consentendo alle università il reclutamento con la sola diretta responsabilità del pareggio di bilancio. Questo equivale a dire che il blocco del turnover al 60% per il 2016 potrebbe cadere, o con il decreto legge oppure con una normanella legge di stabilità. L’autonomia si concretizzerà anche in una semplificazione delle procedure, riducendo gli adempimenti burocratici e rafforzando il sistema di valutazione gestito dall’Anvur.

Nella stabilizzazione dei ricercatori, invece, si dovrebbe puntare ad una sorta di contratto a tutele crescenti. Continua Esposito sul Mattino:

Interessanti novità sono in arrivo per il mondo dei ricercatori, che oggi sono i precari dell’Università. La filosofia è quella seguita con il Jobs Act, sfoltendo la selva di figure contrattuali (assegnisti, ricercatori, collaboratori, fascia A, fascia B…) e puntando a una sorta di contratto unico a tutele crescenti, senza step automatici di carriera ma con una sistematica valutazione del merito.

Per quanto concerne il diritto allo studio, infine:

La strategia che si dà l’Italia è già tracciata in Europa e prevede un aumento del tasso di laureati nella fascia di età 30-34 anni verso quota 40%. Ciò sarà realizzato con una serie coordinata di misure, la prima delle quali è creare un collegamento tra la scuola superiore e l’università. Ma è chiaro che non si può aumentare il numero di laureati se non si consentirà alle famiglie meno agiate di pagare gli studi universitari: il sistema attuale delle borse di studio, in effetti, è quanto mai carente perché una metà delle Regioni, in genere del Sud, non riesce neppure a garantire l’erogazione della borsa a tutti gli studenti che ne hanno diritto.

(Foto di copertina: Ansa / Ciro Fusco)

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