I peggiori nemici di Napoli? I napoletani che non sanno amarla

15/09/2015 di Boris Sollazzo

Metti LA7 e ti fai diverse domande, guardando un imprescindibile servizio del tg di Mentana su Napoli.

Intanto, cosa succede nelle riunioni di redazione di Chicco, se il meglio che puoi scovare su Napoli è un vox populi in cui un quartiere alto della città partenopea dice la sua sulle vicine e disprezzate periferie?

Ucciso a 17 anni: fiaccolata in vicoli Sanità, "Genny vive"LEGGI ANCHE: ROSY BINDI “LA CAMORRA E’ NEL DNA DI NAPOLI”

A questo punto, tanto vale che a condurre e far editoriali, nella sede di Via Novaro a Roma, vada Martina Dell’Ombra, fautrice della divisione tra l’altolocata Roma Nord e la periferica Roma Sud con clip su Youtube seguitissime. Quella è satira, ma in molti ci credono. Pensate a Rosy Bindi, presidentessa della Commissione Parlamentare Antimafia che candidamente parla di “camorra nel dna di Napoli”: quindi il problema è genetico, è irrecuperabile a quanto pare. C’è da chiedersi se sia anche una malattia contagiosa.

Comunque la bella e furba Martina già la immaginiamo, su Napoli: “Forcella? Uno stato d’animo. Il Rione Traiano? Ci vorrebbe un muro. Il Rione Sanità? So’ simpatici, diamogli degli aiuti per trasferirsi a Posillipo. I quartieri Spagnoli? So’ dei poracci”.
Ma diciamo pure che prendersela con i giornalisti è esercizio facile – non ce ne voglia la collega Russo, che probabilmente eseguiva solo degli ordini – e soprattutto non esaustivo. Perché poi tra Via Foria e Via Cilea, signore ingioiellate e snob le hanno trovate a mazzi, così come ricchi in occhiali da sole che ci spiegano i nuovi ghetti e le mancanze della Stato (con la moglie che addirittura gli dice “ti stai esponendo troppo” in un siparietto da commedia alla Zalone, con lui che eroico fa “e che fanno, mi sparano?”) o una brizzolata e sorridente passante che ci dice che appena superi il confine (sì, è tipo Gaza Napoli e non lo sapevamo) capisci di essere “lì, non dico il nome perché non mi sembra il caso (ha paura che solo dicendo il nome di un rione possa attirarsi l’ira degli dei?”, già “da come si guida, diciamo che lo stile di guida è più volgare”. Perché il volante va impugnato con eleganza radical chic, diamine.
E dovete guardare le giovani e graziose pulzelle partenopee del Vomero che sdegnate dicono “io amici al Rione Traiano o a Sanità? No, per carità”. Una addirittura si spinge spregiudicatamente più avanti con “non vedo perché si debba frequentare i quartieri altrui, perch uno di Via Chiaia dovrebbe andare a Traiano per il liceo?”. Una cosa del tipo “sono napoletani di serie B, aiutiamoli a casa loro”. Un’altra non si è ancora ripresa dal trasferimento Via Cilea-Marano, “è tutta un’altra cosa”, dice inconsolabile.

Ecco se anche una città che della solidarietà ha fatto sempre un tessuto connettivo – un terzo della popolazione, secondo le statistiche, viaggia sulla soglia della povertà, ma evidentemente rimane a galla anche per la capacità della comunità di aiutarsi (oltre che dei pagamenti in nero di tenere a galla intere classi sociali) -, comincia a disgregarsi, a invitare Salvini per farsi insultare, a dividersi in quartieri e classi sociali, c’è da preoccuparsi. E se è vero che l’aristocrazia borghese del Golfo è tra le più superbe e esclusive (anzi escludenti), raramente si era sentito, in un quartiere come il Vomero – perché qui ha avuto luogo il servizio – una tale distanza verso il resto della città. Certo, se a Roma vai ai Parioli, probabilmente troverai commenti anche peggiori. Ma se nella Capitale il buio della ragione – dal razzismo strisciante di quartieri in rivolta contro gli immigrati a quella da stadio contro la mamma di Ciro – almeno da un decennio avanza indisturbato, a Napoli, come sempre in controtendenza – in negativo come in positivo – rispetto al resto del paese, una crisi drammatica (tanto che la città da anni è a un passo dal default e nella criminalità la lotta efficace ai grandi boss ha creato una frammentazione di cui stanno approfittando i babyclan) corrisponde a una vitalità culturale e intellettuale non indifferente. Eppure, anche qui, dove era più forte la coesione sociale, ora assistiamo a una demolizione della propria identità (si sentono vomeresi, non napoletani). Ecco, se il problema del nostro paese, tra tanti, è l’italiano che non sa amare l’Italia e per questo né la rispetta né contribuisce a migliorarla, il problema di Napoli è quel nuncleo di partenopei, spesso benestanti e benpensanti, che disprezzano la propria città, non di rado la sabotano costruendo le proprie ricchezze sulle macerie, vorrebbero andarsene (dicono, ma non lo fanno, perché le zone grigie della città fanno loro un gran comodo) ed ergono un quartiere a isola. Non capendo che il ghetto è il loro, un ghetto in cui Genny del Sanità non è figlio tuo, ma un minorenne che se l’è cercata. Un ghetto in cui il diritto di critica diventa ferocia, razzismo interno, quasi guerra antropologica di chi si sente superiore. In periferia, invece, niente rabbia verso chi è più fortunato, anzi si preoccupano pure “ora non è facile neanche per loro”.
E in fondo perché stupirsi per “loro”? In un paese che vuole vedere affondare barconi con disperati che cercano solo una vita migliore, con coerenza i napoletani “in” (come tutti gli altri privilegiati metropolitani, d’altronde) parlano e agiscono riguardo ai quartieri più disagiati alla stessa maniera.

Anzi, perdonateci: non sono razzisti, siamo stati ingiusti. Per loro chi vive ai Quartieri spagnoli vale come un profugo siriano.

P.S.: l’intelligenza della maggioranza spesso troppo silenziosa dei napoletani, per fortuna, la noti nei commenti e nelle condivisioni dello status del profilo Facebook Il terronista. Autocritici, autoironici, intelligenti (quasi tutti). Perché Napoli non è il pregiudizio diffuso in tutto il paese (e spesso esportato nel mondo) alimentato dal fuoco amico in maniera indegna.

Vomeresi commentano la situazione di NapoliI VOMERESI SULLA SITUAZIONE ATTUALE A NAPOLIQuesto servizio è andato in onda oggi su La7: lascio a voi qualsiasi opinione o giudizio. Da terrone di periferia sono uno che odia le generalizzazioni, che siano rivolte ai quartieri “a rischio” come a quelli “bene”.In ogni caso non so se i pregiudizi siano più pericolosi della camorra, però a me fanno schifo uguale.

Posted by Il Terronista on Domenica 13 settembre 2015

Share this article
TAGS