Il tragico fallimento dell’Australia contro i migranti

Un comitato del Senato australiano ha visitato il campo di Nauru, nel quale  sono rinchiusi i migranti arrivati via mare, ed è subito scandalo. Il campo è concepito male e gestito peggio, e a farne le spese sono i bambini e le donne.

Il centro di detenzione di Nauru 1
Il centro di detenzione di Nauru

L’ESPEDIENTE DI ABBOTT CONTRO I MIGRANTI –

La politica australiana nei confronti dei boat people che arrivano dall’Asia si fonda su un espediente dalla dubbia legalità, che ora sta esplodendo in mano al governo Abbott. Gli australiani infatti intercettano in mare le barche con i migranti a bordo e poi deportano i migranti in centri di detenzione costruiti sul territorio di Nauru o della Nuova Guinea. L’espediente serve a non farsi formalmente carico di queste persone, che poi il governo cerca in qualche modo di rimandare verso l’Asia e a trattenere gli aventi diritto all’asilo fuori dal territorio nazionale in modo che non possano presentare la domanda. I paesi partner sono piccole nazioni che dipendono fortemente dall’Australia e che non possono rifiutare il favore, per il quale comunque sono ricompensati.

COSA HA VISTO IL COMITATO –

Un comitato del Senato australiano ha visitato nei giorni scorsi il centro di Nauru e le sue conclusioni non lasciano dubbi sul futuro dell’espediente e sulle sue qualità. Secondo i senatori tutti i minori presenti dovrebbero essere trasferiti immediatamente perché le condizioni di vita nel centro sono «insopportabili». I senatori hanno raccolto testimonianze di abusi sessuali sui minori e sulle donne presenti nel campo e accusato la Wilson Security e la Transfield Services properly, le due compagnie incaricate della gestione dal govenro di Canberra, di essere responsabili delle inqualificabili condotte dei loro dipendenti, spesso ubriachi e abituati a molestare i profughi. Secondo la commissione, il sistema non permette al governo di sapere quel che accade nel centro ed è importante che dopo la rimozione dei minori s’impongano testa antidroga e anti-alcol ai lavoratori e si assicuri che l’occhio del governo veda quel che accade nel campo.

LA RESPONSABILITÀ È DELL’AUSTRALIA –

Secondo il comitato, bipartisan, è infatti l’Australia, e non Nauru, a essere legalmente responsabile di quello che accade, visto che ne ha «l’effettivo controllo» e le scusa con la quale il governo Abbott sostiene che siano problemi di Nauru è «un tentativo cinico e ingiustificabile per evitare le responsabilità». «L’Australia ha creato un centro di smistamento dei migranti a Nauru. È responsabilità dell’Australia e nella sua forma attuale è insopportabile», dice il comitato, che ha anche condannato il Department of Immigration and Border Protection per aver rinunciato deliberatamente a ogni forma di controllo, evitando persino di richiedere i rapporti previsti o di prevedere una procedura per raccogliere le proteste e le lamentele degli ospiti. Una fuga dalle responsabilità che includono anche il tentativo di sottrarsi al previsto controllo del Senato, che senza organizzare la missione non ne avrebbe saputo niente. Due senatori del partito Liberale, Linda Reynolds e David Johnston, hanno presentato una versione di minoranza del rapporto nella quale sostengono che la responsabilità è di Nauru e che la conclusione dell’inchiesta sostenuta dai colleghi è motivata politicamente, anche se non smentisce le condizioni pietose del campo. il goveno Abbott è talmente schierato sull’argomento da aver allontanato 10 operatori di Save the Children accusandoli di aver istruito i minori a ferirsi da soli e a raccontare storie di abusi. Operatori per i quali ora si chiede il ritorno immediato in servizio. Si chiede invece di stracciare il contratto con le due società incaricate della gestione dei campi.

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UNA SPESA ENORME PER NIENTE –

Il centro di Nauru peraltro non è una soluzione economica, da quando lo hanno riaperto nel 2012 è costato un miliardo e trecento milioni di dollari, circa 37 milioni al mese per tenervi i mille migranti che può ospitare e che restano una media di 402 giorni a testa. Un periodo durante il quale prova a convincere i richiedenti asilo, che ne avrebbero diritto, ad andare altrove. A tal fine Canberra offre loro denaro e trasporto verso altri paesi nei quali possono insediarsi o conclude accordi con i governi dei paesi di provenienza disposti a riprenderseli, finora pochissimi. Anche questo espediente per lo più si sta rivelando fallimentare, uno dei pochi accordi conclusi con un paese asiatico, la Cambogia, è stato stracciato dopo il rimpatrio di appena 4 migranti, per rimpatriare i quali sono stati spesi 55 milioni. La situazione penosa dei bambini nei centri di detenzione per migranti era già stato denunciata da un rapporto governativo l’anno scorso e da numerose proteste scoppiate nei centri, ma non c’erano state conseguenze, il governo si era limitato a dire che la responsabilità era dei governi ospitanti e che Canberra non intendeva ingerire in questioni di politica interna come quella della gestione dei migranti. Un’ipocrisia che oggi sembra aver esaurito ogni sua residua efficacia.

 

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