Nomine musei, Franceschini: «Chi critica è un provinciale, continueremo»

20/08/2015 di Redazione

Nomine Musei, Franceschini: “Chi critica è un provinciale, continueremo con questo modo di fare”. Ovvero quello di bandire una gara internazionale per titoli per amministrare i 20 musei che con la recente riforma, pur mantenendo la statalità, avranno poteri e amministrazione totalmente autonomi. Come è noto, sette su venti dei neo direttori non sono italiani, un fatto che ha scatenato un nugolo di polemiche che il ministro, però, sente di rimandare al mittente.

NOMINE MUSEI, FRANCESCHINI: “CHI CRITICA E’ UN PROVINCIALE”

“Se sei europeo”, dice Franceschini sulla Stampa, “non sei straniero”. E sul Messaggero Laura Larcan intervista il ministro dei Beni Culturali, ponendogli una serie di domande incentrate sopratutto sulla città che più di tutte è la culla e il tesoro dei beni culturali italiani: Roma.

Ministro, si aspettava tanto clamore?

«Quando un cambiamento è vero, scatena sempre resistenze. È la cartina di tornasole per l’efficacia dei cambiamenti. Comunque mi ha stupito tutto questo dibattito sull’arrivo degli stranieri nei nostri musei. Dire straniero ad un europeo significa essere fuori dai tempi e dalle regole. Inoltre, sono decine gli italiani che occupano posti d’eccellenza dell’arte in giro per il mondo e a nessuno è venuto in mente di criticarli. Mi sembra davvero un provincialismo preoccupante. Quello che rivendico con un orgoglio nazionale è che l’Italia, pur avendo un ritardo nel settore della valorizzazione del patrimonio, è il primo paese al mondo che ha messo a concorso pubblico i venti grandi musei italiani contemporaneamente».

Visto che la scelta di un bando pubblico internazionale ha segnato una svolta nel sistema della gestione museale, almeno sul fronte del coraggio, pensa forse di estendere questo sistema anche negli altri grandi musei statali della Capitale che reggono in buona parte le risorse dei Beni culturali?
«La strada l’abbiamo tracciata. Va sempre considerato che c’è museo e museo. Quello con forte attrattiva internazionale e la piccola realtà. La nomina dei venti direttori è stata possibile, però, perché abbiamo fatto una norma di legge che ci ha consentito, pur rientrando nel numero massimo di dirigenti previsti dal Mibact, di fare una selezione internazionale ad hoc per i musei. Andando avanti, cambiando le regole, recuperando qualche altro posto, io sono per allargare questo esperimento. Naturalmente restiamo sui grandi musei. Roma, non c’è dubbio, è il cuore di tutto questo.

Mesi fa, d’accordo con l’amministrazione comunale, si è giunti ad un accordo fra ministero e Campidoglio per la creazione di un consorzio unificato per l’area archeologica dei Fori Imperiali; un modello che il ministero, dichiara Franceschini, punta a replicare anche altrove.

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Continuiamo a ragionare sul tema dei grandi musei della Capitale, che significano grandi flussi di turisti e introiti che fanno la differenza. E guardiamo, però, al patrimonio comunale, ai Musei Capitolini, Ara Pacis, Mercati di Traiano, Fori imperiali. Non si sente di suggerire al sindaco Ignazio Marino un’operazione analoga dal forte carattere innovativo?
«Su Roma c’è bisogno di una collaborazione totale almeno nel pubblico. Abbiamo già fatto dei passi in questo senso con l’accordo per far nascere il Consorzio sui Fori e la gestione unificata dell’area archeologica più importante del mondo. Io sono per estendere via via questo percorso il più possibile su Roma, proprio sul modello Consorzio Fori. Allo stesso tempo lo stiamo sperimentando su altre città italiane. Con un tavolo tecnico tra Anci e il Ministero stiamo accelerando questo meccanismo di integrazione dell’offerta culturale.

Grazie agli strumenti previsti dalla nuova normativa, i neodirettori non avranno solo l’incarico ma maggiori autonomie e possibilità di regolare i musei che gli sono affidati con maggiore libertà.

Torniamo ai nuovi direttori. Ora questi venti manager della cultura italiana sbarcheranno nei rispettivi musei. Ci sarà una struttura adeguata ad accoglierli? Altrimenti tra burocrazia, barricate sindacali, utenze da pagare, rischiano il naufragio prima di partire. 
«Ma noi non abbiamo nominato i direttori perché arrivassero in una forma organizzativa rimasta a quella del passato. I direttori giungono ora alla fine di un percorso di riforma. I venti grandi musei hanno per decreto una loro autonomia: restano dello Stato, ma avranno un’autonomia di bilancio, di gestione, di bigliettazione, di raccolta di fondi privati, di budget. Hanno insomma una forma giuridica nuova».

Veniamo alla modernizzazione dei musei. Efficienza dei nuovi servizi, tra caffetteria, bookshop, comunicazione hi-tech. Qual è lo scenario che si schiude ora?
«Qui abbiamo un’anomalia di servizi dati a imprese da ormai troppo tempo. Con una norma di legge i nuovi direttori potranno mettere a bando l’affidamento di servizi legati ai loro progetti di valorizzazione scientifica. Sarà la prima cosa che faranno appena insediati».

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