Frank Serramondi, il caso non è chiuso: “Sembra un delitto di mafia”

Frank Serramondi, il caso del commerciante e fornaio notturno ucciso a Brescia da due uomini, un pachistano e un indiano, non sarebbe da considerarsi chiuso, secondo gli inquirenti: “Abbiamo concluso la prima fase dell’indagine”, ha detto Tommaso Buonanno, procuratore capo di Brescia, “ora inizia quella difficile”. Perché ci sono molte cose che non tornano alla polizia giudiziaria, che ha per le mani il fascicolo di inchiesta: troppo studiato e troppo ben realizzato l’omicidio dei coniugi Serramondi e l’aggressione, di qualche giorno precedente, al loro dipendente albanese.

FRANK SERRAMONDI, IL CASO NON E’ CHIUSO: “SEMBRA UN DELITTO DI MAFIA”

Un lavoro, scrive su Repubblica Simone Bianchin, che somiglia davvero a quelli di una criminalità organizzata che l’Italia conosce fin troppo bene.

Un movente che non convince del tutto i magistrati: quello della concorrenza tra dirimpettai, Frank che aveva la maggior parte dei clienti (e anche altri locali, a Brescia) e il pachistano che era diventato titolare della pasticceria, pizza e brioches “Dolce e Salato”, Adnan. L’uomo nell’interrogatorio ha spiegato di aver ucciso i coniugi (nella loro casa sono stati trovati centinaia di migliaia di euro) perché lo riteneva responsabile dei propri mancati guadagni. «È convinto di questo, e che Frank anche con l’aiuto del suo dipendente albanese, mandasse dalla parte del suo negozio i drogati e i balordi, rovinandogli il commercio», spiegano i magistrati. «Abbiamo concluso la prima fase dell’indagine», dice il procuratore capo di Brescia, Tommaso Buonanno. «Ora comincia quella più difficile — aggiunge il procuratore generale, Pier Luigi Maria Dell’Osso — I due hanno compiuto un omicidio da professionisti, dopo averne tentato un altro, con modalità operative da consorterie criminali che si sanno muovere. Sembrano averle mutuate dalla ‘ndrangheta, dalle mafie, da contesti in cui ci sono mandanti ed esecutori. Cerchiamo lo spaccato criminale, oltre l’episodio. Potrebbe accendersi un faro molto importante sulla vita delle vittime, degli assassini, e sulle loro frequentazioni ».

Secondo gli inquirenti, dunque, l’indagine sul caso Frank potrebbe essere l’occasione per capire meglio le dinamiche della criminalità bresciana: c’è qualcosa che si sta sviluppando nel profondo nord e che imita pratiche e modi di fare tipici delle organizzazioni criminali “classiche”?

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Certo è che i due hanno confessato l’omicidio: sono stati loro ad uccidere i due, nonostante il titolare del “Dolce e Salato”, esercizio nei pressi del forno di Frank Serramondi, non abbia mancato di lamentarsi dei mali del quartiere il giorno stesso in cui i corpi sono stati ritrovati privi di vita.

Il giorno del duplice delitto, Adnan si era fatto intervistare dai giornalisti arrivati sul piazzale. In testa il berretto bianco da pasticcere, aveva detto di non conoscere Frank di persona e si era lamentato della zona: «Fa schifo, io chiamo sempre la polizia e i carabinieri per dire che c’è droga, ma mi rispondono male. Io è quattro anni che son qui e pago le tasse». All’arrivo della polizia aveva filmato le volanti con il suo cellulare.

Ma grazie alle telecamere di sicurezza dell’esercizio commerciale ed altri dispositivi nei dintorni, le forze dell’ordine sono riuscite a ricostruire la dinamica del duplice omicidio.

E’ stato incastrato dalle telecamere di Frank, in primis, che avevano ripreso lui e l’indiano sullo scooter che poi, durante la fuga verso Roncadelle, avevano caricato a bordo di un’Alfa e fatto a pezzi (come anche i caschi usati) perché non venisse mai ritrovato. I vestiti gettati in un cassonetto. Gli agenti della Squadra mobile di Brescia li hanno bloccati a Casazza, nel bergamasco, dove abitava l’indiano (che pure aveva una residenza a Villongo), quando hanno visto che si stavano disfacendo dei pezzi del motorino. Martedì mattina, dopo un’ora e mezza di appostamento davanti al negozio “Dolce e Salato” di fronte al negozio di Frank, Adnan aveva sfilato il fodero del fucile a canne mozze (che gli era stato ceduto da una persona da rintracciare) e sparato a bruciapelo in faccia alla moglie di Frank e poi a lui che tentava di scappare. Gli aveva sparato anche dopo che era caduto a terra, fermandolo con un piede mentre sul vetro del negozio restava l’impronta dell’indiano, che a differenza del pachistano non indossava i guanti. Di lui si erano perse le tracce da tre anni.

Copertina: Da Facebook

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