Cuperlo risponde a Staino: Non sono di gomma, mai contestato la vittoria di Renzi

Finalmente. Dopo un paio di giorni Gianni Cuperlo risponde a Staino, dopo il duro attacco del vignettista dell’Unità a tutta la sinistra Dem. Una risposta, quella di Cuperlo, per certi versi amara, e rivela la ferita che l’attacco pubblico ha creato alla loro amicizia. Una risposta, molto lunga, ma che non convince e non risponde in maniera chiara ai quesiti posti da Staino.

 

Caro Sergio, non sono di gomma. Linguaggio e asprezza del giudizio lasciano il segno. Per parte mia fatico nell’accordarmi a toni che non siano di rispetto e conservo l’affetto per un’amicizia da non bruciare malgrado tutto. Se l’occasione serve a chiarire degli snodi è giusto farlo, ciascuno per come sa e come vuole

 

Cuperlo contesta la ricostruzione fatta da Staino circa gli errori della sinistra del PD, ma in qualche modo anche lui individua nella mancata costruzione di un’alternativa il problema principale:

Credo non sia stato un errore dire la nostra quando si battezzavano come riforme scelte che in altri tempi e fatte dai nostri avversari avremmo definito strappi irricevibili. O affermare che la legge elettorale non si vota ponendo la fiducia. Il limite invece è non essere riusciti a raccontare e far vivere un’altra idea di democrazia, economia, diritti. Quella che dovrebbe orientare la bussola di una sinistra in Europa e oltre i suoi confini. Il limite è stato lasciare l’impressione di una sinistra del Pd intristita e aggrovigliata in rivalse o rimpianti

Cuperlo prova a spiegare le sue ragioni

In questi mesi cose buone il governo ha fatto e altre ne annuncia, ma lo stesso premier sostiene che non basta. E allora non è assurdo se da sinistra si chiede di avere più radicalità e coraggio scegliendo di portare in cima alla lista un pacchetto di misure sulla cittadinanza, una forma di reddito minimo e contrasto universale alla povertà a cominciare da quella minorile, una legge non bislacca sulle unioni civili, una nuova strategia per il Mezzogiorno, a meno di pensare che i ricercatori dello Svimez siano assoldati al nemico. E fare dei diritti indivisibili – umani civili sociali – la leva formidabile di una nuova pagina dello sviluppo e del Paese. Ora, l’idea di un’Italia e un’Europa diversa fa di solito pendant con la missione del Pd. La traduzione è un programma di governo ma senza la retorica dell’esserci già riusciti. Perché la sfida è nella capacità di prendere quel programma e dargli una strategia. Calarlo in un patto sociale e alleanze buone a farlo vincere nelle urne. Allora, in breve, dove andiamo adesso? E come ci si va? Da soli o con chi? Ecco perché il mio cruccio non è Matteo Renzi. Il problema è dove siamo diretti e in nome di che. Spiegarlo conta perché se la risposta è condivisa anche le differenze tra noi non saranno traumi. È quando si tira in direzioni opposte che la comitiva può spezzarsi. E io temo che senza un ascolto vero, senza stima reciproca, con campagne dal sapore denigratorio che sono più facili da supportare per chi di più potere dispone, ci si possa trovare distanti o separati senza neppure dirselo

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