Emanuela Loi: la donna che scortò fino all’ultimo Paolo Borsellino

«È il mio lavoro, non posso tirarmi indietro». Lo ripeteva come un mantra a mamma e papà Emanuela Loi, 24 anni, agente di scorta morta mentre proteggeva Paolo Borsellino nella strage di via D’Amelio. Doveva tornare a breve nella sua Sestu, in provincia di Cagliari. Qualche giorno in più, prima di sposarsi finalmente, lasciare Palermo e quel caldo luglio del 1992. Non è tornata viva nella sua isola Emanuela, così precisa ed innamorata del suo lavoro. Emanuela era una tiratrice scelta. Era brava. Dopo il diploma entrò nella Polizia di Stato nel 1989 e frequentò la Scuola Allievi Agenti di Trieste. I genitori erano preoccupati per il suo nuovo incarico. Da un mese era entrata nella squadra del servizio scorte ma Emanuela non si è mai tirata indietro. Perché quella era la sua missione, la missione che amava.

emanuela loi
L’agente Emanuela Loi

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EMANUELA LOI: IL RICORDO DI UNA COLLEGA – «Eravamo giovani, io avevo 23 anni, lei 24. Amava la vita, e il suo obiettivo era quello di rientrare in Sardegna, non certo in quel modo», la ricorda su Rainews la collega Claudia Cogoni, anche lei sarda. Loi è la prima agente donna della Polizia di Stato uccisa mentre lavorava. Poteva scegliere un incarico di ufficio, una mansione minore. E invece no. Manu c’era sempre. «Avevamo creato un gruppo – racconta Claudia – una famiglia, per sostituire quella che avevamo lontana. Manuela, due giorni prima della sua morte, faceva la scorta per il mio capo Barbera del reparto mobile di Palermo. Due giorni prima che morisse era passata in ufficio da me. A posteriori penso che fosse stato un modo per salutarci. Le chiesi: “Manuela che ci fai qui?”. “Volevo solo salutarvi”. È stato l’ultimo momento in cui l’ho vista. Sfortunatamente il destino mi ha portato a salutarla ancora. L’ho accompagnata all’aeroporto militare, su quel volo che l’ha riportata in Sardegna».

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EMANUELA LOI E QUELLA BATTUTA DI PAOLO – Sorrideva Emanuela, sorrideva sempre. Una risata che conquistava chi le stava accanto. Teneva la sua segreta missione per sé. Non voleva far preoccupare i suoi. Non aveva detto alla famiglia chi aveva iniziato a scortare. Quel 19 luglio il cellulare squillava a vuoto. La madre continuava a chiamarla, vedeva davanti a sé, in tv, le immagini di via D’Amelio. Emanuela, quando morì Falcone, si precipitò al telefono per rassicurarli. Stavolta no. Non c’era. Non rispondeva nessuno. Quando la madre capì quello che era successo sì sentì male. «Mi hanno dato per scorta una ragazza che con un soffio cade a terra», scherzava il giudice Borsellino con la madre qualche giorno prima che una bomba cancellasse tutto. Una battuta, per stemperare quella condanna che Paolo sentiva già scritta addosso. Quel 19 luglio sono caduti tutti, Emanuela, Paolo, l’Italia intera.

(In copertina foto Fb Ricordando Emanuela Loi)

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