Mafia Capitale, così Franco Gabrielli ha “salvato” Ignazio Marino dal commissariamento

Mafia Capitale, così Franco Gabrielli ha salvato Ignazio Marino dal commissariamento: il prefetto della Capitale, nell’inviare la sua attesa relazione al ministero dell’Interno, ha allegato il suo parere nel quale interpreta il Testo Unico degli Enti Locali sottolineando come le responsabilità della giunta del chirurgo dem siano sì, evidenti, ma non sufficienti per proporre lo scioglimento per mafia di Roma capitale. Diversamente il prodotto della commissione prefettizia che aveva sentenziato: la giunta è compromessa. Ma per il prefetto, gli elementi per procedere non ci sono.

MAFIA CAPITALE, COSI’ FRANCO GABRIELLI SALVA IGNAZIO MARINO

Il contrasto fra le due versioni è evidente, e il Messaggero ne dà conto in edicola oggi.

«È innegabile – scrive il prefetto – come, potendo fidare su un nutrito “pacchetto” di dipendenti capitolini compiacenti o corrotti e su consolidati rapporti con un numero significativo di membri degli organi elettivi (di maggioranza e minoranza) “ereditati” dalla precedente Consiliatura, “mafia Capitale” abbia continuato a sviluppare i suoi traffici illeciti anche durante la nuova amministrazione». Prima di lui la Commissione di accesso aveva descritto la città in maniera ancora più dura: «È un’amministrazione inquinata, connotata da una profonda mala gestio, in cui il condizionamento mafioso produce una pesante deviazione del canone di legalità dalla funzione di indirizzo politico, sotto l’influenza di dirigenti collegati a mafia Capitale». Una conclusione sulla quale il prefetto è intervenuto, cercando una soluzione intermedia, con il placet del procuratore Giuseppe Pignatone, così evitando di “chiudere” per mafia la Capitale d’Italia. Per Gabrielli, infatti, gli elementi riferiti alla giunta Marino, «pur presentando i caratteri di rilevanza e concretezza, non riuniscono l’indispensabile tratto di univocità» necessario all’extrema ratio.

Carlo Bonini su Repubblica precisa il senso dell’intervento del prefetto.

E’ necessario, per poter parlare di inquinamento mafioso, che gli «elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata siano concreti, univoci e rilevanti». Ebbene, «non appare irragionevole ritenere — scrive il prefetto nelle conclusioni — che gli elementi emersi di Roma Capitale, riferiti evidentemente alla sua gestione sotto la Giunta Marino, pur presentando i caratteri di rilevanza e concretezza, non riuniscano l’indispensabile tratto della univocità che consente di escludere in toto letture anfibologiche delle situazioni riscontrate». Anfibologico : l’aggettivo che salva Sindaco, Giunta e consiliatura, sinonimo di “ambiguo”, “equivoco”, “passibile di doppia interpretazione” finisce per essere un epitaffio che fotografa una stagione politica.

In sintesi: Ignazio Marino non si accorge del sistema criminale su cui è seduto, essendo lui totalmente estraneo alla gestione romana degli ultimi 20 anni. Un “Forrest Gump” secondo Repubblica, che salva la sua amministrazione “aiutato dalla fortuna, dalla dirittura morale e se si vuole dalla sua assoluta estraneità a Roma e al suo sistema malato di relazioni”. Questo non vuol dire che, almeno in un primo periodo, l’azione amministrativa non fosse stata condizionata dal sistema del Mondo di Mezzo di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.

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FRANCO GABRIELLI: “IGNAZIO MARINO E’ IN DISCONTINUITA’ CON MAFIA CAPITALE”

La commissione, sul punto, è chiara.

Tra il 13 giugno 2013 e il 31 dicembre 2014, le procedure negoziate della Giunta Marino sono pari al 72 per cento del valore complessivo degli affidamenti, per un valore di 1 miliardo e 73 milioni». Di fatto, per almeno un anno e mezzo, la Giunta Marino non fa gare. Schiacciata dalla coda della gestione Alemanno procede per “somma urgenza” rinnovando affidamenti che fanno grassa la “mucca” di Buzzi e Carminati. Dunque? Dunque, osserva la Commissione, «il condizionamento mafioso si è realizzato secondo schemi e copioni non intaccati dal cambio di amministrazione »

Per il prefetto Franco Gabrielli e il procuratore Giuseppe Pignatone, la situazione va letta in maniera parzialmente diversa, tanto da scongiurare il commissariamento per Mafia della giunta Marino.

Va evidenziato — scrive infatti — come la Giunta Marino abbia dato alcuni precisi e non trascurabili segnali di discontinuità. Ma va anche evidenziato per dovere di obiettività che, almeno all’inizio della gestione, si tratti di scelte non dettate da una precisa e consapevole volontà di contrastare l’illegittimità ed il malaffare, quanto piuttosto di comportamenti ispirati agli ordinari parametri di legalità cui, di norma, dovrebbe uniformarsi l’azione amministrativa, che diventano “straordinari” solo se correlati ex post alle dimensioni e alla pervasività del sistema corruttivo disvelato dalle indagini giudiziarie

E allora, chi pagherà?

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MAFIA CAPITALE, I DIRIGENTI CHE SALTERANNO

Le azioni sono già state annunciate.

Molti dei nomi finiti dell’elenco sono figure apicali ampiamente citate nelle carte dell’inchiesta ed in qualche caso persino arrestati nel corso delle indagini: è il caso di Gaetano Altamura, direttore del Dipartimento ambiente del comune all’epoca della prima ondata di arresti e attualmente agli arresti domiciliari, che almeno inizialmente sarebbe riuscito «a “orientare” l’assessore Estella Marino». Ma c’è anche di Claudio Turella, responsabile del servizio di Programmazione e gestione verde pubblico del Comune, arrestato a dicembre e diventato famoso perché a casa sua i Carabinieri del Ros hanno trovato 550mila euro riposti in sacchetti con il logo del Comune di Roma. O di Rosanna Calistri, collaboratrice dell’assessorato alla Cultura, ed Emanuela Salvatori, ai domiciliari sulla base dell’ordinanza di dicembre o, ancora, di Walter Politano indagato per associazione mafiosa.

Fin qui, i nomi delle personalità indagate che saranno realisticamente rimosse. Ma l’azione del prefetto andrà oltre, coinvolgendo anche dirigenti e funzionari non formalmente indagati, ma che risultano troppo vicini al sistema dell’inchiesta del Mondo di Mezzo.

 È il caso di Liborio Iudicello, segretario comunale e direttore generale, ma anche di Mattia Stella, capo segreteria del sindaco Ignazio Marino, finito sui giornali per alcune intercettazioni con Salvatore Buzzi, e di Isabella Cozza recentemente rimossa dal Dipartimento politiche sociali anche perché, stando all’inchiesta, avrebbe ottenuto l’incarico grazie alle pressioni di Buzzi e dei suoi. Infine, i commissari hanno rintracciato, proponendone la rimozione, nomi che sui giornali non sono mai finiti e sono a malapena citati in qualche intercettazione: Alfredo Romani, responsabile dell’ufficio immigrazione, Ivana Bigari, direttore del settore Accoglienza e inclusione sociale, Giacomo Zarelli, geometra del Dipartimento manutenzione urbana, Bruno Cignini, dirigente del dipartimento Verde.

Sul tema, riceviamo e pubblichiamo la seguente comunicazione da Iavana Bigari

Con riferimento al lancio di agenzia Sir del 16 luglio 2015 delle ore 15.54 dal titolo :”Sgomberi a Roma, Sit-in famiglie Rom: le accuse delle associazioni al Comune” per sottolineare che quanto ivi riferito e riportato dall’agenzia Sir -da non precisato membro dell’Associazione 21 luglio- sia talmente lontano dalla realtà da apparire chiaramente diffamatorio.

Qualche dato di realtà sulla mia storia professionale:
Sono uno psicologo psicoterapeuta iscritta ai relativi albi.
Alla fine degli anni ’80, dopo aver vinto un concorso pubblico per psicologi al Comune di Roma, ho chiuso uno studio privato per lavorare, insieme ad altri, in un servizio pubblico. In questi anni ho lavorato nei Municipi (all’epoca Circoscrizioni) e al Dipartimento politiche educative.
Nel 2006 ho vinto un concorso per dirigenti socio-educativi.
Ho l’attuale l’incarico di dirigente al Dipartimento Politiche Sociali dal novembre 2013.
Non sono mai stata e non sono indagata.

Dà tristezza vedere il proprio nome associato a quello di altri che, se la giustizia confermerà le colpe delle quali sono accusati (uno dei quali, a onor del Vero, é già stato giudicato), hanno ideali di vita completamente agli antipodi con i miei.

Dà tristezza che, altri ancora, manifestando la stessa incolmabile distanza tra il mio e il loro stile di vita, con disprezzo e con arroganza, gettano in un indifferenziato coacervo paludoso persone le cui storie testimoniano contrapposte e intangibili declinazioni del rispetto degli altri e del vivere in una comunità civile.

Dà tristezza constatare che si ha libero accesso a documenti secretati dei quali, proprio perché non accessibili, non ne hanno conoscenza neanche i diretti interessati.

La tristezza é mitigata dallo scorrere, con gli attuali colleghi dell’Ufficio Rom, Sinti e Caminanti, della Direzione Apicale e dell’intero Dipartimento Politiche Sociali, di un quotidiano lavoro improntato all’operare, in scienza e coscienza, in ogni scelta e in ogni azione, ispirandosi a principi di incondizionato rispetto degli altri, soprattutto per quelli che nella nostra città narrano, in silenzio, la sofferenza di chi si trova a vivere ai margini estremi della comunità. Un agire quotidiano fortemente incardinato nello spirito di servizio alla comunità e agli indigenti, nell’umile riconoscenza della possibilità dell’errore e nella semplicità del non giudicare e di non ritenere di avere solo noi la verità rivelata.

Ivana Bigari
Agosto 2015

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