Fatima la jihadista: «Lo Stato Islamico è perfetto»

«Lo Stato Islamico è uno Stato perfetto. Qui non facciamo nulla che vada contro i diritti umani. Cosa che invece fanno coloro che non seguono la legge di Allah». È una delle ultime esternazioni di Maria Giulia Sergio, meglio conosciuta come Fatima, la ragazza italiana che combatte al fianco dei jihadisti dell’Isis, oggi ricercata dalle forze dell’ordine per associazione a delinquere con finalità di terrorismo. In un colloquio via Skype con il Corriere della Sera la giovane si è nuovamente scagliata contro i miscredenti, chiedendo poi notizie dei suoi genitori arrestati. Scrive Marta Serafini:

All’inizio della conversazione Maria Giulia alias Fatima Az Zahara chiede notizie. La sua famiglia è stata interamente arrestata. Vuole sapere se stanno tutti bene. Per mesi Maria Giulia ha cercato di convincerli ad abbandonare la villetta color ocra di Inzago per intraprendere la hijra (la migrazione) nello Stato islamico. Ha perfino spiegato alla madre Assunta, al padre Sergio e alla sorella Marianna che tipo di valigia acquistare per il viaggio. Ha incoraggiato suo padre, un cassaintegrato di 60 anni, a riscuotere i soldi della liquidazione e ad abbandonare tutto per trasferirsi in Siria. Ma prima che potessero partire sono finiti tutti in cella. Per lei questa operazione di antiterrorismo che ha portato all’arresto di dieci persone «è un buco nell’acqua perché non serve a niente. È illogico ed è irragionevole che la polizia italiana decida di arrestare queste persone», afferma. Per mesi la Digos l’ha intercettata. Ma lei ha continuato a parlare con la famiglia, anche quando sapeva che la sua storia era finita sui giornali. «I messaggi che mi scambiavo con i miei genitori e mia sorella non erano di incitamento al jihad o qualcosa del genere. Noi parlavamo di come i miei genitori avrebbero potuto fare una buona vita, qui nello Stato islamico», si giustifica.

 

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Fatima è nata nel 1987 a Torre del Greco, in provincia di Napoli. Si converte all’Islam nel 2008, dopo il trasferimento con la famiglia a Inzago, nel Milanese. Nel 2009 si è sposata con un tunisino, dal quale si è poi separata. Per la Siria è partita lo scorso settembre con il marito albanese Aldo Kobuzi. Pochi giorni fa la sua famiglia è stata arrestata. Ora insiste: «Noi quando decapitiamo qualcuno, dico noi perché anche io faccio parte dello Stato Islamico, quando facciamo un’azione del genere, stiamo obbedendo alla sharia». L’ex studentessa di Biotecnologie alla Statale di Milano, insomma, giustifica la violenza e le decapitazioni. Continua Serafini sul Corriere:

L’indottrinamento è talmente profondo da portarla a cercare di reclutare anche chi la sta intervistando. «Tu conosci le storie di Guantanamo o delle altre prigioni nascoste. Lo Stato islamico non tortura nessun prigioniero, okay? Ma agisce secondo la sharia. Secondo la legge di Allah misericordioso». Va dritta per la sua strada di follia, non importa che Islam significhi pace. Se non è la prigione di Guantanamo sono i bombardamenti della coalizione gli argomenti con cui giustificare se stessa e il marito. Scandisce le parole, fa sfoggio di qualche parola d’arabo. A tratti si fa sarcastica. «Tu sai che tutto il mondo ci attacca? Lo sai vero questo? Ti faccio solo un esempio: due giorni fa è arrivato qui, un aereo “autocomandato” (un drone, ndr) carico di esplosivo per distruggere non so quante….». La connessione si interrompe a tratti. «Qua ci sono le donne e i bambini». Non vuole confermare che «qua» sia il Nord della Siria, che i jihadisti hanno conquistato e tentano di controllare dopo aver terrorizzato la popolazione e aver ridotto in schiavitù le minoranze.

(Foto di copertina da archivio Ansa. Fonte: profilo Facebook di Fatima Az Zahra)

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