“Il trucchetto del giudice per liberare Fabrizio Corona”

19/06/2015 di Redazione

Come si può riassumere la vicenda giudiziaria di Fabrizio Corona la cui discussissima pena a 13 anni e due mesi di reclusione è stata sospesa ieri permettendogli così di uscire dal carcere di Opera? Più o meno così: «Un giudice scrupoloso si è accorto che il caso Corona gridava vendetta e allora si è inventato un cappello giuridico per scarcerarlo, così come un altro giudice, a suo tempo, si era inventato un cappello giuridico per condannarlo in misura sproporzionata». A scriverlo è Filippo Facci su Libero di oggi. Ciò che ha favorito la scarcerazione del paparazzo insomma sarebbe un cavillo burocratico, un trucchetto in grado di delineare dopo tre anni e due mesi passati dietro alle sbarre un profilo compatibile con l’affidamento ai servizi sociali nella comunità di Don Mazzi per superare i problemi con la cocaina (che non dà dipendenza fisica, secondo Facci, ma al massimo psicologica).

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Fabrizio Corona
Ansa/DANIEL DAL ZENNARO

 

CORONA LIBERO – Il ragionamento è il seguente: a una forzatura giudiziaria come la summa delle condanne inflitte a Fabrizio Corona – bancarotta fraudolenta, frode fiscale, estorsione aggravata, detenzione di banconote false – è seguita un’altra forzatura giudiziaria, quella della scarcerazione. Scrive Facci:

In concreto è il buon esito della strategia difensiva che prosegue da gennaio scorso: spiegare retroattivamente certi già noti comportamenti di Corona (gli scatti d’ira, i litigi con le forze dell’ordine, la pretesa d’impunità) come tratti di una personalità «narcisistica» e «borderline» che l’uso della cocaina avrebbe peraltro accentuato. Per stare in piedi, sta in piedi: depressione e rischi suicidiari di Corona coinciderebbero perfettamente con il cosiddetto «down» psicologico di chi è abituato alla cocaina e di colpo è costretto a smetterne l’uso: ma è uno stato che probabilmente coincide con quello di migliaia di detenuti.

Ed ecco l’appiglio:

Il problema era che una delle condanne inflitte a Corona (5 anni per estorsione) impediva la concessione dei benefici di legge: ma il giudice, così pare, si è rifatto a un incrocio di sentenze della Cassazione e ha escogitato i motivi giuridici per mandarlo in comunità. Sicché ha ritenuto di poter calcolare gli usuali sconti di pena e di concludere che la galera residua era già scesa sotto i sei anni, ergo: può andare in comunità come avviene per i drogati

Photocredit copertina PATRICIA DE MELO MOREIRA/AFP/Getty Images

 

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