Nico Stumpo (Pd) contro Renzi: «Le primarie? Sbagliato rottamarle. Confonde governare con comandare»

Nel 2012, ai tempi delle primarie per la leadership della coalizione di centrosinistra Italia Bene Comune, l’ex responsabile organizzazione del Pd Nico Stumpo fu attaccato da Renzi e dai suoi fedelissimi sulle regole delle consultazioni. Accusato di voler limitare la partecipazione. Tre anni dopo, nel Pd è cambiato tutto. Renzi è diventato segretario e poi presidente del Consiglio, i bersaniani sono in minoranza. Ma dopo la sconfitta ai ballottaggi delle amministrative, il primo reale stop elettorale del nuovo corso, è l’attuale premier a voler “cambiare verso” sui gazebo. Lui, che senza primarie non esisterebbe, né mai sarebbe diventato sindaco di Firenze, pensa di rottamarle. Tanto da aver annunciato alla Stampa che, fosse per lui,«la stagione delle primarie sarebbe finita». Uno scenario contestato oggi da Stumpo, intervistato da Giornalettismo: per l’esponente della minoranza dem, al contrario, servono “regole certe”

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Stumpo Renzi primarie
Nico Stumpo (Ansa)

Ha letto il colloquio di Renzi con La Stampa? Che succede, si è “stumpizzato” il premier?

«Guardi, nel 2012 sono stato attaccato da chi non aveva mai letto né regolamenti né proposte. Oggi quelle stesse persone continuano a dire molte fesserie. Le primarie sono uno strumento, si usano quando servono. E se c’è bisogno di una revisione, va fatta. Noi non volevamo chiudere nulla, abbiamo fatto primarie aperte. Per consentire la massima partecipazione, per un mese prima fu possibile registrarsi e votare senza fare la fila ai gazebo. Su tre milioni e mezzo di votanti, tra online e cartacee, ne registrammo un milione e mezzo. Oggi invece si tratta di un errore politico. Renzi sta confondendo governare con comandare. Annullare le primarie significa pensare di avocare a sé le scelte. Le primarie servono per far decidere i territori di competenza. Si dovesse anche decidere di non farle, con la mia contrarietà, saranno le direzioni provinciali e regionali a decidere i candidati e non i vertici nazionali. Chi pensa il contrario, se lo levi dalla testa.»

Ma quindi per lei basta regolare le primarie? Sono sufficienti gli albi degli elettori?

«Io sono perché si facciano le primarie per i ruoli amministrativi, per i sindaci o i presidenti di Regione. Con regole rivisitate. Noi ne avevamo proposte alcune in Direzione, mai applicate. Oggi molti si dicono favorevoli e io sono felice che abbiano cambiato idea. Potremmo fare primarie aperte a chi si registra fino a qualche giorno prima. Ma chi si iscrive all’albo, non resta iscritto a vita. Vale solo per quelle primarie. Basta per evitare nuovi “casi Liguria”? Si può fare di meglio. Ma lì è successo un fatto anomalo. Alcuni che si sono poi candidati o hanno sostenuto il centrodestra, hanno invitato a votare uno dei candidati dem (il riferimento è Raffaella Paita, ndr). Credo sia sbagliato che in primarie locali, dove basta poco per determinare il risultato, si resti esposti ai quatto venti, senza avere certezze di chi partecipa. Le stesse liste elettorali sono elementi chiusi. Ci sono discrimini, come aver compiuto 18 anni. Un partito è di una parte, io penso che sia giusto che a partecipare sia chi si dichiara elettore di quel partito. In questa fase abbiamo lasciato aperto a tutti fino all’ultimo secondo, se vogliamo ridurre va bene. Ma bisogna prima essere d’accordo nel partito»

Per il ruolo di segretario del partito e per il ruolo di premier le primarie invece vanno confermate?

«Io ho parlato per le figure amministrative, dato che queste si lasciano spesso aperte a una coalizione. Oggi noi le abbiamo anche per l’elezione dei segretari regionali e quello nazionale. Nell’ultimo caso, per statuto, vale in automatico anche per il ruolo di premier, fatte salve deroghe ad hoc. Io ritengo che sui segretari regionali si possa rivedere la cosa. Sul segretario nazionale penso invece che sia giusto, se si vuole continuare sull’identità tra segretario e candidato premier, che venga scelto con le primarie. Ma sempre con le stesse regole previste per sindaci e candidati di Regione in cui ci si iscrive entro una certa data»

Ascani, ex lettiana e ora vicina alle posizioni del premier, in un’intervista alla Stampa ha ammonito Renzi: “Se fai il premier, non puoi fare anche il segretario del Pd”. E ha aggiunto: “Serve un nuovo Stumpo”. Ora Renzi la chiama in segreteria?

«Non ho letto l’intervista. Detto questo, sono favorevole al fatto che le due figure non coincidano. So per certo che Bersani avrebbe lasciato la segreteria in caso di vittoria. Letta ha fatto il premier senza poi candidarsi a segretario. Questo mi differenzia da chi ha scritto lo statuto del Pd. Penso che un partito debba avere una sua capacità autonoma rispetto all’azione del governo. Altrimenti c’è un rischio di corto circuito e il partito diventa subalterno all’esecutivo. Io penso che a Renzi non serva uno Stumpo, ma una segreteria che funzioni. Guerini è molto capace nell’organizzazione del partito, il tema è un altro. Serve un gruppo dirigente, con capacità autonome. Lo sta dicendo lo stesso Renzi: nel momento in cui dice di volersi riprendere il partito, vuol dire che il partito è assente. E qui c’è un problema»

Ma intanto il premier alla Stampa ha detto che dovrà ora “infischiarsene dei vari D’Attorre, Fassina e che vuole riprendersi il partito”. E la minoranza che fa, resta a guardare?

«Renzi è come quei bambini che fanno cadere un vaso e poi si lamentano coi progettisti perché il vaso è di vetro e non di plastica. Ma che c’entra la sinistra del partito se il partito non va bene? Il problema, se c’è, è il Pd, non la minoranza. Si smetta di dare le responsabilità ad altri, ognuno si prenda le proprie. A partire da chi ne ha di più: segretario, segreteria, gruppo dirigente, maggioranza. E facciano una proposta per mantenere unito il Pd».

Ma Renzi dice che il vero problema è che non ha messo i suoi nel partito…

«E dove doveva metterli i suoi? In segreteria, a parte alcuni, sono tutti renziani. Non so se questa frase significava dare colpe a Orfini che non è un renziano doc o ad altri. A me non risulta che ci sia nei posti chiave, né al governo, né al partito, qualcuno che sta mettendo in difficoltà Renzi o il Pd. Il suo è soltanto un modo per alzare un polverone, quando dovrebbe invece pensare a tenere unito il partito»

Il governo rischia al Senato? Ci pensa Verdini a garantire i numeri della maggioranza?

«Il risultato delle elezioni ci dice che una parte degli italiani non ha apprezzato del tutto quello che abbiamo fatto. Se il governo farà le cose con tutto il gruppo del Pd e migliorerà le riforme, non rischia nulla. Altrimenti il problema sarà con una parte degli italiani, non con i senatori».

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